"Queer British Art 1861–1967" in mostra alla Tate Britain di Londra

La mostra rimarrà allestita da aprile ad ottobre ed esporrà le opere realizzate dal 1861 al 1967, gli anni della trasformazione culturale culminati nel riconoscimento legale delle relazioni omosessuali in Inghilterra.

"Queer British Art 1861–1967" in mostra alla Tate Britain di Londra

La Tate BritainNational Gallery of Art della Gran Bretagna – innaugura la prima mostra rivolta all’arte inglese a tematica queer “Queer British Art 1861–1967”dal 5 aprile al 1 ottobre 2017.

Le identità concernenti l’acronimo LGBTQ sono esternate nelle opere in esposizione sviscerando variegate sfumature; giocosa, politica, provocatoria, intima, esplicita. “Queer British Art” celebrerà il cinquantesimo anniversario della depenalizzazione dell’omosessualità maschile in Inghilterra e in Galles.

Numerosi eventi consentiranno ai visitatori di conoscere il tema dell’arte “queer” dal 1861, l’anno in cui venne abolita la pena di morte per gli atti di sodomia, al Sexual Offences Act del 1967, l’anno in cui avenne il riconoscimento legale dei rapporti omosessuali tra adulti consenzienti in ambito privato. Un secolo in cui gli artisti hanno espresso coraggiosamente, orgogliosamente, la ricchezza del mondo queer. La libertà sessuale e di genere era comunemente accettata solamente nell’ambito fittizio della rappresentazione teatrale.

Le opere presenti raccontano storie e identità variegate, espressioni umane e artistiche che hanno contribuito a creare un vero senso di comunità. Il termine”queer” sfida la pratica comune di catalogare l’identità di una persona in categorie definite.

Seguendo le tesi di Michel Foucault, Jacques Derrida e Julia Kristeva, la teoria “queer” mette in discussione la naturalità dell’identità di genere, dell’identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando invece che esse sono compiutamente o parzialmente edificate socialmente, e che quindi gli esseri umani non possono essere descritti in modo veritiero usando termini generali che comportano l’edificazione di muri insormontabili tra le persone, eludendo le linee di continuità e intersecazione che ci collegano e dividono.

La liberazione cercata dalla teoria queer non è una liberazione del Sé, bensì una liberazione dal Sé. La repressione dell’omosessualità è stata incentrata sull’ ideologia della naturalità eterosessuale in opposizione ad una innaturalità omosessuale: una strategia assimilativa è l’appropriazione del concetto di naturalità nell’ambito dell’omosessualità. La curatrice Clara Barlow spiega come sia stato difficile nel 1980 esser se stessa, ricevendo solamente modelli saffici standardizzati, dalla maschilità predominante. 

La storia di Oscar Wilde è simbolicamente riposta nell’esposizione della porta della sua cella. Nel primo processo, svoltosi nel 1895, Wilde accusò di calunnia John Sholto Douglas, nono marchese di Queensberry e padre di Alfred Douglas, con cui Wilde aveva una relazione dal 1891. Il procedimento produsse effetti devastanti su Wilde, in tribunale vennero esposte le prove raccolte dagli investigatori della difesa che accertavano la sua omosessualità. Il secondo processo vide Wilde imputato per sodomia.

Immortale l’epiteto “l’amore che non osa pronunciare il proprio nome” esternato durante il dibattimento, che si risolse con la condanna a due anni di reclusione per lo scrittore da scontare presso il carcere di Reading. Il “De Profundis”,scritto in prigione nei primi mesi del 1897, è una lunga lettera a Lord Alfred Douglas, l’amore di Wilde. Un’opera fondamentale per comprendere l’anima dello scrittore, la sua essenza, profondità, oltre l’apetto pubblico goliardico, cinico. 

Tra le opere più significative troviamo Simeon Solomon – nel 1873 la sua carriera venne distrutta, fu arrestato in un bagno pubblico di Londra e accusato di atti osceni omosessuali e tentata sodomia – con il bacio lesbico di “Sappho and Erinna in a Garden at Mytilene” (1864), la tavola di David Hockney, “Going to be a Queen for Tonight “(1960) manifesto acclamato della scena queer.

Sono presenti le opere di Francis Bacon, John Singer Sargent, Dora Carrington, Keith Vaughan, Evelyn de Morgan, Glyn Philpot, Claude Cahun, Cecil Bacon, Ethel Sands, Duncan Grant. Completa l’esposizione una nutrita raccolta di video, documenti e riviste del periodo, foto e oggetti personali tra cui una parrucca di scena indossata da Jimmy Slater in “A Perfect Lady” (1920), le carte teatrali dell’artista del music hall, Vesta Tilley.

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