Abitiamo un mondo che diventa sempre più pericoloso. Accendendo la tv o navigando sul web, ci si trova di fronte a notizie che non lasciano intravedere nulla di buono per il presente e per il futuro: omicidi, strupri, attacchi terroristici, calamità naturali e, come se non bastasse, un virus che si diffonde rapidamente in tutto il mondo. Insomma, tutti gli ingredienti necessari che ci spingono a rimpiangere i bei vecchi tempi in cui i treni arrivavano sempre in orario e si poteva lasciare aperta la porta di casa.
Ma è davvero un periodo così spietato quello che stiamo vivendo? a venirci in aiuto è un prezioso libro uscito qualche anno fa, scritto da un importante statistico e medico svedese, Hans Rosling. In Factfullness, questo il titolo embletico del libro, Rosling esamina uno per uno tutti gli argomenti che sembrano confermare la direzione disastrosa che il mondo sta prendendo e li smonta pezzo per pezzo attraverso l’ uso di dati, numeri e statistiche.
Per fare qualche esempio Rosling dimostra come il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà sia andato diminuendo in maniera eccezionale passando da un tasso del 50% nel 1966 al 9% del 2017. Un altro esempio riguarda il numero di attentati terroristici avvenuti in Occidente che negli ultimi anni sembrano essere sempre più frequenti. In realtà i dati mostrano che le persone uccise dai terroristi tra il 2007 ed il 2016 ammontano a 1439, nel decennio precedente le vittime di terrorismo sono state quasi il triplo: 4358.
Rosling continua poi passando al setaccio i dati su alfabetizzazione, criminalità, diritti delle donne, schiavitù e tanto altro, dimostrando che anche in questi campi la direzione è sempre la stessa ossia di un netto e costante miglioramento.
Ma allora, se il mondo non è un posto così terribile come dimostrano i dati, perchè la percezione delle persone sembra essere totalmente all’ opposto? possiamo prendere a prestito due strumenti dalla psicologia che aiutano a chiarare questo punto: uno è il bias della negatività che fa riferimento alla propensione della mente umana a prestare attenzione soprattutto alle informazioni negative anziché positive; Il secondo è il bias della rappresentatività che si riferisce alla nostra tendenza di ricordare meglio quelle notizie che sentiamo più spesso e che hanno un forte impatto emotivo: il motivo per cui quasi tutti credono, sbagliandosi, che il numero di incidenti aerei sia superiore a quello di incidenti stradali.