Nico Rosberg svela i retroscena delle torture psicologiche subite da Michael Schumacher

Nico Rosberg ha condiviso per tre anni il box con Michael Schumacher. In quel periodo, il campione del mondo 2016 ha ammesso di aver subito dal Kaiser delle pressioni psicologiche volte a compromettere la sua lucidità e autostima.

Nico Rosberg svela i retroscena delle torture psicologiche subite da Michael Schumacher

Conversando con Daniel Ricciardo nel podcast Beyond Victory, Nico Rosberg ha voluto raccontare alcuni clamorosi retroscena legati alla sua convivenza con Michael Schumacher. Fianco a fianco per 3 stagioni nel box Mercedes, la loro non fu certo una relazione semplice.

Il figlio di Keke fu infatti chiamato al difficile confronto con il pilota più vincente della Formula 1, ritornato nel Circus dopo il ritiro a fine stagione 2006. Le premesse della vigilia erano decisamente avverse al futuro campione del mondo 2016, costretto a confrontarsi con un pilota che fino a quel momento aveva sempre avuto la meglio sui suoi compagni di squadra. La storia andò però diversamente: il Kaiser di Kerpen non riuscì a sopravanzare il giovane connazionale, ma fuori dalle piste fece di tutto per imporre la sua legge.

Come ricordato dal figlio d’arte nonché ex compagno di squadra di Lewis Hamilton, condividere il box con Schumi fu davvero arduo. “Lui era l’uomo dei giochi mentali: non deve neanche pensarci, gli viene naturale, è semplicemente fatto così”.

Da qui, dopo aver premesso che quella del sette volte campione del mondo era una “mentalità guerriera fenomenale“, Rosberg ha vuotato il sacco, ammettendo che qualsiasi mossa del “cannibale” era pianificata per entrargli nel cervello, mettendo in crisi la sua autostima.

Questo tipo di pressioni mentali capitavano molto spesso, ma per rendersi conto del tipo di strategia, sarebbe sufficiente ricordare i momenti precedenti alle qualifiche di un Gran Premio di Montecarlo. In quella circostanza, Schumacher occupò intenzionalmente i servizi del box Mercedes fino a tre minuti prima delle prove. Quando Rosberg bussò, il tedesco di proposito non rispose, costringendo il compagno di squadra ad urinare in un secchio dell’olio presente in un angolo dei box. “Mentre sono lì, la porta si apre, Michael esce fuori tutto tranquillo, e corre via verso la macchina. Giochetti di questo tipo erano all’ordine del giorno”.

Rosberg ha così intuito che il modus operandi del collega aveva un ben chiaro obiettivo: fargli capire che non esisteva. Convivere con questo suo approccio borderline non è stato facile, ma alla fine è riuscito a capire come regolarsi di conseguenza. Tutto ciò gli stato utile negli anni successivi, quando come compagno di squadra ha avuto un altro osso duro come Lewis Hamilton.

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