Oggi, 6 dicembre 2021, dopo una lunga battaglia legale della mamma si Sharon, è arrivata la condanna della corte d’Assise di Como, che ha riconosciuto l’omicidio volontario del 26enne Marincat, patrigno di Sharon Barni, di soli 18 mesi, figlia della compagna, uccisa a botte e seviziata l’11 gennaio scorso a Gabbiate, in provincia di Como.
La corte ha condannato Marincat all’ergastolo. L’inputato inoltre deve risarcire il danno, dato che la stessa corte ha fissato una provvisionale di 200mila euro a favore della mamma della bambina e di 50mila euro al padre.
I fatti
L’11 gennaio scorso la nonna della piccola Sharon ha trovato la nipotina agonizzante in casa, insieme a lei Marincat, all’epoca compagno della mamma della piccola, che aveva parlato di un incidente con una stufa. L’uomo non avrebbe confessato subito la verità sulla morte della piccola ma a parlare sarebbe stato il corpo di Sharon, pieno di lividi e ferite.
La confessione choc è arrivata a maggio quando Marincat avrebbe detto agli inquirenti: “Ho abusato di lei, poi l’ho picchiata fino a ucciderla”. L’uomo, solo in casa con la piccola, inizialmente aveva raccontato ai carabinieri che lei si era tirata addosso una stufetta situata sulla scarpiera e che poi si era rimessa a giocare, senza nessun sintomo.
In seguito, a suo dire, si era addormentata sul divano e per questo non si era reso conto della gravità della situazione. Il 26enne aveva chiamato i soccorsi solo 2 ore dopo, all’arrivo della nonna della bambina, che era ormai quasi priva di sensi. Il medico legale ha elencato un grande numero di ferite e lividi in ogni parte del corpo della bimba, anche precedenti al giorno del decesso e “sicuramente non attribuibili a cadute accidentali o a incidenti domestici”.
A quasi un anno dalla tragedia, Gabriel Robert Marincat, è stato condannato a carcere a vita con l’accusa di aver violentato e ucciso Sharon. Il giudice della corte d’assise di Como ha accolto la richiesta del pm Antonia Pavan che ha da sempre sostenuto l’accusa di omicidio volontario. Durante tutto il processo, invece, l’avvocato difensore Stefano Plenzick ha sostenuto la versione dell’omicidio preterintenzionale: lo scopo per il legale non era quello di uccidere.