Leo Messi è stato condannato a 21 mesi di carcere nell’ambito del processo per evasione fiscale; sul banco degli imputati anche il padre del calciatore, il quale ha ricevuto la medesima condanna. Genitore e figlio erano stati accusati di non avere pagato le tasse sui diritti d’immagine di Leo per il triennio 2007/2009, frodando il fisco spagnolo per un totale di 4,1 milioni di euro evasi.
Nonostante la sentenza di colpevolezza però, Leo e suo padre non dovranno scontare un solo giorno di prigione, poiché la condanna è inferiore ai 2 anni.
Sebbene verdetto abbia definitivamente inchiodato il numero 10 del Barcellona al reato di frode fiscale aggravata dunque, la pena inflitta è stata in qualche modo un dolce dolore: solamente 3 mesi in più, infatti, ed ogni scappatoia legale sarebbe risultata vana: Messi sarebbe dovuto finire dietro le sbarre.
A prescindere da questa mezza consolazione, si tratta comunque di un’estate davvero rovente per la “Pulga“, protagonista di un vero e proprio collasso emotivo propiziato dalla disfatta in Copa America. Le lacrime versate dopo l’eliminazione contro il Cile, il rigore sbagliato, il peso di una responsabilità forse troppo grande da sopportare da solo, hanno atterrito il giocatore al punto da spingerlo a dire “addio” alla Nazionale argentina.
Peraltro non è la prima volta che Lionel Messi si trova a dover fare i conti con una fragilità mentale pur sapientemente nascosta ai media da smoking improbabili e sorrisi circostanziali, visti i problemi che qualche tempo fa ne avevano pesantemente inficiato le prestazioni sportive, con tanto di crisi di vomito dovute probabilmente all’eccesso di stress.
Essere il miglior giocatore al mondo è infatti un privilegio unico per definizione, ma che comporta al contempo un contrappasso esistenziale terribile: per fare un paragone oramai diventato un clasico, l’eterno rivale Cristiano Ronaldo, dopo la vittoria del Pallone d’Oro, è riuscito a fare della pressione mediatica la sua forza. Ma Leo Messi, si sa, è dotato di una personalità certamente meno vulcanica, e di una sensibilità molto più sottile.
Non a caso, numerose volte il fuoriclasse del Barça è stato tacciato di scarsa personalità in campo, di non essere un leader. Gli manca, ed è un dato di fatto, quell’arroganza tutta latina, a mezzavia tra lo stolido e lo spaccone, che ha contraddistinto altri grandi fenomeni della storia del calcio sudamericano. E con ogni probabilità, la sentenza odierna non sarà certamente il viatico migliore per riuscire a ritrovare la serenità perduta.