Non é sempre e solo colpa del mister! Guardiamoci in faccia

Il calcio italiano e la sua fretta nel prendere la decisione finale nei momenti di difficoltà, che quasi sempre sfocia nell'esonero del mister per dare la cosiddetta scossa. Ma é sempre davvero così?

Non é sempre e solo colpa del mister! Guardiamoci in faccia

Quella di Marco Giampaolo (e contemporaneamente di Beppe Iachini, ma questa storia la considero diversa) sulla panchina del Torino é solo l’ultima di un’infinita serie di allenatori in bilico dopo una manciata di giornate di campionato. Intendiamoci, l’andamento del suo Toro con una sola vittoria, due pareggi e ben quattro sconfitte nelle prime sette non alimenterebbe la gioia di tutti i tifosi e appassionati di calcio. Istruiti per bene dai protagonisti del calcio made in Italy ad individuare nelle idee dell’allenatore la causa scatenante di ogni malefatta degli undici in campo.

E fa nulla se il bomber va in crisi e non segna “manco con le mani”, o il portiere le sue mani non riesce a metterle più sul pallone prima che entri in rete. Non importa se il centrocampista di qualità appena arrivato non sia ancora in grado di fare la differenza. Il primo responsabile é sempre lui, fosse anche solo per dare la benedetta scossa che improvvisamente dovrebbe ridurre le dimensioni della porta affinché il portiere inizi a prenderle tutte e consentire all’attaccante di segnare goals incredibili anche da centrocampo. Ma chi é l’allenatore in realtà? Niente altro che un uomo, che fa il suo lavoro. E come ogni professionista ha il suo metodo, il suo momento top, i suoi “enzimi” che gli consentono di catalizzare bene ogni reazione.

Un presidente prima di mettere a libro paga il suo nuovo mister lo incontra, e si fa spiegare per bene in cosa crede. Ed ecco che il signor Giampaolo riferisce a Cairo che la sua idea é quella di costruire una squadra che giochi a calcio con un’identità ben precisa. Ma é qui che quel meccanismo complesso attraversa le emozioni del tifoso, gli obiettivi del presidente e l’istinto dell’uomo, concludendo spesso che questa nuova creatura in mano al nuovo allenatore debba rispecchiare le parole dette davanti al caffè già dalla prima giornata.

Ma una squadra di calcio niente altro é che un gruppo di uomini che come in ogni azienda o gruppo di lavoro, se messi a loro agio riescono a produrre qualcosa di davvero importante. Ecco quindi che in una stagione in cui la preparazione é durata meno di un mese, l’importanza di creare il team svetta tra le priorità. Ma la foga del calcio italiano questo evidentemente non lo permette. Sono questi i primi mattoncini di quella che noi chiamiamo “mentalita“. Nell’azienda proiettata sul benessere della risorsa al fine di produrre risultati soddisfacenti, il capo é il primo a sostenere il responsabile al quale sta affidando il gruppo di lavoro. Un management che parte sulla stessa linea e che sposa la stessa idea. Che pur pensando con teste diverse parla con una voce soltanto. In questo tipo di organizzazione la risorsa si trova davanti un board consistente, spinto a prendersi le proprie responsabilità.

Spesso si dice che questo o quel calciatore giochi “contro” il proprio allenatore. Io sono convinto che questo non succeda quasi mai, ma se succede la colpa non é dell’allenatore. La colpa dovrebbe ricadere su chi ha fatto credere al suddetto campione di avere questo potere e di ottenere qualcosa inducendo la società ad individuare il capo espiatorio. Ma in questo modo non si é creato altro che un precedente. Arriverà la scossa, fino a che qualcosa andrà storto e si darà nuovamente un’alibi a giocatori strapagati ai quali forse si dovrebbe chiedere un bagno di umiltà e mostrarsi uniti sulla linea aziendale. Se davvero oggi il calcio é un’azienda, non si potrebbe mai allontanare il manager ad ogni difficoltà altrimenti la produzione ne risentirebbe e senza le dovute risorse non ci sarebbe più lavoro per tutti. Allora si forse, tutti, si rimboccherebbero le maniche per spingere verso un obiettivo comune.

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