L’Inter e l’autobiografia di un martire: perché Icardi ha ragione

Nelle ultime ore l'autobiografia di Mauro Icardi ha scatenato un vero e proprio terremoto nell'Inter, e si prospetta addirittura l'ipotesi di togliere all'attaccante la fascia di capitano. Ma quanto è davvero colpevole Maurito?

L’Inter e l’autobiografia di un martire: perché Icardi ha ragione

Mauro Icardi stavolta l’ha combinata grossa: la sua autobiografia presentata lo scorso weekend al grande pubblico ha subito scatenato un terremoto di proporzioni catastrofiche in seno all’Inter, generando una frattura clamorosa con la Curva Nord e con i piani alti della dirigenza nerazzurra e mettendo addirittura a repentaglio la sua stessa permanenza all’interno dell’organico del club.

In particolare a far discutere è stata la ricostruzione di una lite con i tifosi realtiva ai fatti di domenica 1 febbraio 2015, quando l’Inter perse in casa del Sassuolo con un sonoro 3-1 che lasciò ben pochi alibi alla squadra. Il periodo di crisi era forte, ed al termine della partita ci fu un faccia a faccia estremamente acceso tra lo stesso Icardi e la tifoseria, nonostante i tentativi di Ranocchia di placare la furia del compagno.

Nella sua autobiografia “Sempre Avanti“, Mauro Icardi ha raccontato di avere apertamente minacciato i tifosi i quali lo avevano a loro volta sommerso di insulti e minacce, spiegando di avere completamente perso le staffe quando, dopo aver regalato la sua maglia ad un bambino, un capo ultrà la strappò dalle mani del piccolo per lanciarla indietro.

Una versione che non è ovviamente piaciuta agli ultras, i quali hanno immediatamente chiesto la testa dell’argentino su un piatto d’argento. Ma fino a che punto è colpa di Icardi? La realtà storica è che tra Maurito e la Curva Nord il rapporto non sia mai completamente sbocciato e che anzi, la decisione di Mancini di farne il capitano dell’Inter sia stata l’inizio di una guerra fredda; un conflitto che, con l’uscita del libro incriminato, ha visto solamente scritto il suo ultimo capitolo.

Da parte del vicepresidente Javier Zanetti e di Piero Ausilio i commenti riguardanti la vicenza sono stati estremamente critici nei confronti di Icardi, tant’è che ora il 23enne rischia una multa pesantissima oltre alla perdita dei gradi di capitano. Ma attribuire tutte le responsabilità al ragazzo, a questi presupposti, sarebbe solo un ignobile esercizio di scaricabarile.

Che Icardi fosse una testa calda si sapeva, lo si era capito sin dai tempi della Sampdoria; che fosse dotato di una robusta e sana dose di strafottenza poi, anche quello non è mai stato un mistero: vicenda “Maxi Lopez-Wanda Nara” docet. Ma almeno in questo caso, sembra proprio che Maurito sia stato scelto come la vittima sacrificale perfetta per mettere a tacere una questione tanto, troppo più grande di lui: i rapporti malati tra gli ultras e le società di calcio.

Non è cosa di oggi che i tifosi più agguerriti si comportino come se il club appartenesse a loro, insultando i giocatori ed avanzando pretese assurde nei confronti degli stessi e delle dirigenze. Tant’è che negli anni passati siamo addirittura arrivati a vedere aggressioni fisiche perpetrate all’interno degli autobus e contesti di estrema violenza generale, con le società che hanno scelto di interpretare il ruolo di spettatori tragicamente (e volutamente) impotenti.

In Italia non c’è mai stata la netta separazione tra ultras e club com’è avvenuto invece in Inghilterra, o in altri Paesi d’Europa. Ed il risultato oggi è davanti agli occhi di tutti: Mauro Icardi sta semplicemente pagando il fatto di essersi ribellato ad un sistema perverso e cancerogeno, che vede i criminali da curva liberi di insultare, minacciare ed aggredire fisicamente le componenti di un club sportivo, senza dover temere conseguenze né ripercussioni di sorta da parte del club stesso.

Che Maurito quel giorno abbia pronunciato qualche parola di troppo è indubbio, e se n’è già scusato. Ma sarebbe colpevolmente riduttivo circoscrivere il problema ad un singolo giocatore un po’ troppo “esuberante”, mettendolo nel tritacarne mediatico per il fatto di non essere stato al gioco: il vero cancro sono le società che avallano questo tipo di condotta da parte delle proprie “tifoserie”. Tant’è che i tifosi – quelli veri – hanno già lanciato una petizione per chiedere alla società di non punire Mauro.

La situazione era chiara già durante la partita quando, mentre la Curva Nord fischiava il ragazzo, il resto dello stadio lo applaudiva e lo incoraggiava per contrasto. Ma in questo assurdo gioco, come sempre accade, poche decine di esagitati diventano improvvisamente la vox populi, mentre la voce delle altre migliaia di spettatori paganti viene opportunamente messa a tacere.

Eppure la lettera indirizzata al club nerazzurro è più che chiara, è lapalissiana: “Noi tifosi interisti e uomini di buon senso ripudiamo le aberranti gesta della Curva Nord del giorno 16/10/16 ai danni del calciatore Icardi Mauro, dal comunicato mattutino ai disordini serali. Riteniamo che sia INACCETTABILE attaccare con quei toni un tesserato della NOSTRA società, nonché nostro giocatore simbolo e capitano, semplicemente perché ha riportato la sua versione degli avvenimenti di Reggio Emilia del 01/02/15 al termine della partita Sassuolo-Inter, versione tra l’altro confermata dai testimoni oculari e da registrazioni televisive“.

Queste le parole dei tifosi dell’Inter; tifosi reali che però, pur essendo la stragrande maggioranza, “non contano nulla” per i quadri dirigenziali, i quali invece indossano la calzamaglia ad ogni schiocco di dita di una manciata di sedicenti ultras. L’interrogativo rimane dunque uno su tutti: possibile che nel 2016 una società come l’Inter debba essere ancora schiava di una risibile manica di criminali, danneggiando così il proprio stesso patrimonio sportivo nonché milioni di supporters in Italia e nel mondo, nel nome di logiche – e supportando personaggi – che vanno apertamente contro i valori universali dello Sport?

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