Juventus, Nicolò Fagioli: quando l’eccezione dovrebbe essere la regola

Una riflessione sul calcio italiano e la sua capacità di investire sui propri giovani talenti. Quali sono i modelli da imitare? Qual è il margine di crescita dei nostri vivai? Proviamo a dare una risposta.

Juventus, Nicolò Fagioli: quando l’eccezione dovrebbe essere la regola

Ci sono notizie che a volte diventano lo specchio di una cultura, in questo caso di quella calcistica italiana. Prendete il caso di Nicolò Fagioli: quante volte avete sentito questo nome nelle ultime settimane? Suppongo spesso e da un certo punto di vista a giusta ragione; il classe 2001 in forza alla Juventus infatti ha dimostrato grande talento e personalità, meritandosi ogni apprezzamento ricevuto, nella speranza che il futuro della sua carriera rispecchi il promettente inizio.

Quello che però fa più specie è quanto crei scalpore il fatto che una società importante come quella bianconera abbia investito fiducia su un ragazzo così giovane. In un calcio, come quello nostrano, che fa sempre più fatica a produrre nomi di vero spessore, dovrebbe essere una naturale conseguenza puntare sui vivai, invece è pressochè una regola vedere i club più importanti puntare sull’usato sicuro o su una scelta esterofila. Nulla di sbagliato per carità, fa sempre piacere vedere campioni come Cristiano Ronaldo, Romelu Lukaku Zlatan Ibrahimović approdare (o tornare) nella nostra massima serie, indispensabili come sono per creare blasone al torneo e far crescere i giocatori più giovani, ma sarebbero auspicabili anche altre strade.

Gli esempi non mancano, per citarne uno, basti pensare alla rifondazione del calcio tedesco. Dopo il fallimento agli europei del 2000 la federazione teutonica dovette obbligatoriamente cercare una soluzione al gap che si era creato con i competitor internazionali e la valorizzazione dei vivai fu il motore trainante di quella rinascita, culminata con la vittoria del mondiale 2014 in Brasile. Ma quali furono le mosse vincenti? Nello specifico, anche attraverso finanziamenti mirati, ogni squadra della Bundesliga e della Bundesliga 2 venne spinta ad avere un proprio settore giovanile, con il risultato che in pochi anni giovani promesse, poi futuri campioni, come Neur, Kroos, Reus e Gotze cominciarono a calcare i campi da professionisti, fino a diventare la colonna portante del già citato trionfo iridato.

C’è il margine per adottare una soluzione simile in Italia? Probabilmente no, ma piccoli ed incoraggianti segnali stanno finalmente vedendo la luce. Guardiamo per esempio da dove viene lo stesso Fagioli, ovvero la Juventus U23, seconda squadra e cantiere di giovani talenti del club bianconero, a dimostrazione che anche nel Belpaese si può provare ad investire sul vivaio. Inoltre qualche giovane stella sta già stabilmente illuminando il firmamento della serie A, Zaniolo della Roma e Barella dell’Inter per nominarne due.

Cosa augurarsi quindi per il nostro calcio? Un po’ di fortuna certamente che non guasta mai, ma anche un po’ di coraggio in più. Quello che mancò alla Juventus nel 2012 per investire 12 milioni di euro sull’allora giovanissimo Verratti (cifra che il club di Torino, con il senno di poi, oggi probabilmente sborserebbe molto volentieri), ma che non è mancato adesso per provare a credere nel talento di Fagioli. Il tempo dette ragione al PSG, forse in futuro la darà anche a Pirlo e compagnia.

L’europeo si avvicina e la Nazionale di Mancini proverà a fare il suo meglio con il talento finora prodotto dal nostro calcio. Forse non sarà sufficiente e se così fosse c’è solo da sperare che l’arrivo di una nuova promessa italiana nel calcio che conta non desti più tanto scalpore. 

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