I nuovi stadi di proprietà, la situazione in Italia

Criticità ed auspici affinchè il nostro Paese torni ad essere protagonista sia nelle competizioni europee per club che paese ospitante di tornei calcistici internazionali.

I nuovi stadi di proprietà, la situazione in Italia

L’ultimo torneo calcistico internazionale tenutosi in Italia è datato 1990, precisamente i Mondiali di Italia ‘90. Vi siete mai chiesti il perché di questa uscita di scena del nostro Paese? In quest’articolo c’è una delle cause principali, l’attuale inadeguatezza degli stadi italiani

In una recente intervista concessa ai microfoni della Rai, il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha descritto così le infrastrutture sportive del nostro calcio: “L’Italia è indietro al Gabon”; certo quella del numero uno del calcio internazionale risulta essere una provocazione, ma soprattutto un invito a migliorare, poichè nel nostro Paese il miglioramento è sicuramente un’esigenza, dunque quella frase non è molto distante dalla realtà. 

Definire gli stadi italiani fatiscenti talvolta può apparire come un’esagerazione ma, salvo qualche eccezione, di fatto non lo è, lo vedremo facendo una piccola e rapida rassegna delle “case” delle principali squadre che militano in Serie A.

I vantaggi per le società dall’avere nuovi stadi di proprietà, moderni e funzionali – inutile dirlo – sono molteplici, basti pensare ad un incremento dei ricavi, pensando alle società calcistiche odierne come vere e proprie aziende, dove la quadratura di un bilancio vale, spesso, più di un risultato sportivo. Si crea poi una fidelizzazione del cliente, sebbene sia arido declassare il tifoso a mero cliente. Lo spettatore infatti (sportivo, tifoso che sia) è incentivato ad abbandonare la comoda poltrona di casa e a dirigersi verso lo stadio solo se ritiene quest’ultimo confortevole. Negli stadi nuovi non a caso si è registrato un notevole aumento della media spettatori. 

Un vantaggio deriva anche ai fini dello stesso risultato sportivo: avere una tana invalicabile, calda, con i propri supporters a pochi metri dal terreno di gioco, può rappresentare un vantaggio per i beniamini di casa, incutere timore agli avversari influenzandoli negativamente per quanto riguarda la loro prestazione sportiva.

Lo stadio di calcio moderno è quello concepito solo per il calcio, che deve ospitare beninteso esclusivamente eventi calcistici e non quello polivalente, idoneo anche per altre discipline. Modello ormai superato, per intenderci, vicino al modello inglese, dunque in primis senza l’obbrobrio della pista di atletica per garantire spalti vicini al rettangolo di gioco e ottime visuali allo spettatore; aperto 7 giorni su 7 e non solo il giorno della partita; con museo annesso e con numerose attività commerciali attorno ad esso. 

La copertura di tutti i settori, poi, nello stadio del terzo millennio, non deve essere un plus, ma dovrebbe rappresentare un servizio minimo da garantire a qualsiasi acquirente del ticket, anche a quello che compra il biglietto di “terza classe” in Curva, non un privilegio del quale godono i pochi eletti dei settori Vip. In quanti stadi italiani, invece, gli spettatori usufruiscono tranquillamente di questo? Servirebbe la domanda al contrario, proprio perchè sono di più quelli scoperti che gli altri…

Inoltre, i nostalgici dei nomi e delle intitolazioni sono delusi dal fatto che gli stadi oggi abbiano i nomi degli sponsor, questo da premessa per parlare della vicenda dei c.d. naming rights. Lo sponsor internazionale, che spesso partecipa anche al finanziamento della realizzazione dell’impianto, a fronte di una cifra annuale che versa nelle casse della società in questione, chiede in cambio la denominazione dello stadio. Difficile da capire per i romantici del pallone, ma si va invece sempre più verso questa direzione, le logiche del ricavo sono anteposte a tutti i sentimenti.  Costruire un nuovo stadio di proprietà può rappresentare, senza volere essere esagerati, una nuova era per una squadra di calcio. Incide positivamente sull’orgoglio, sull’appartenenza dei tifosi.

Anche se, a rigor di verità, non mancano gli esempi positivi, che esulano dal discorso di arretratezza degli stadi, fra tutti il tempio della Juventus, il così noto “Juventus Stadium”, ora per ragioni economiche Allianz Stadium, dal nome del colosso assicurativo che ha acquisito i naming rights. La nuova casa bianconera dal 2011 – anno in cui si sono aperti i cancelli – ha garantito alla Vecchia Signora vittorie su vittorie, solidità economica e un altro appeal alla società nel panorama internazionale. Circa 40 mila spettatori la capienza, in confronto al vecchio Delle Alpi (uno dei più scomodi) siamo in un’altra dimensione. La media spettatori della Juve è, non a caso, aumentata non di poco.

Merita di essere menzionato, fra le eccezioni, anche il già Stadio Friuli, ora “Dacia Arena”. Del vecchio stadio ne rimane ben poco, oggi ci sono spalti tutti coperti e vicini al terreno di gioco. Applausi all’Udinese. Da annoverare fra gli stadi conformi al concetto di stadio moderno anche il “Mapei Stadium” di Reggio Emilia, che ospita le partite casalinghe del Sassuolo. Spalti vicini al terreno di gioco, seggiolini in tutti i settori; unico neo, anche qui, l’assenza di copertura completa nelle varie tribune.

La “palma” quale peggiore stadio italiano, al contrario, va senza dubbi al “San Paolo” di Napoli, vecchio, con spalti decisamente lontani e seggiolini che definirli tali è un eufemismo. Il Napoli e più in generale la città di Napoli, meritano di più. Lo stadio dei partenopei è uno dei tanti bei regali ereditati da Italia ’90; per il mondiale si costruirono stadi senza essere minimamente lungimiranti e senza pensare, affatto, al futuro. Appena realizzati, erano già vecchi.

La capitale non ride nemmeno, l’Olimpico è senz’altro uno stadio da rispettare, ma che comunque si distanzia dal modello di stadio moderno. La Roma sta cercando in ogni modo, grazie al suo presidente Jim Pallotta, di vincere questa complicata battaglia burocratica per regalare ai romanisti, e soprattutto ai cittadini romani, un’opera senza eguali al momento nel sud Europa; il nuovo stadio della Roma prevede infatti complessivamente 1 miliardo di investimento e dovrebbe sorgere nella degradata area di Tor di Valle, dove c’era un tempo il famoso Ippodromo; diversa la situazione in casa Lazio, ad oggi nessun recente progetto eccetto “lo stadio delle Aquile” presentato molti anni fa e rimasto tale. 

Arriviamo a “la Scala del Calcio”, Stadio Giuseppe Meazza, San Siro – Milano. Uno stadio che, considerato il periodo in cui fu costruito, nulla da dire, anzi… tuttavia, entrambe le squadre milanesi si stanno impegnando per costruire un nuovo impianto, anche se ad ora oltre alle varie voci che si susseguono, molta incertezza e poco di concreto, e soprattutto rimane da capire se le squadre meneghine continueranno in futuro a condividere la loro casa o ciascuna di esse si impegnerà per realizzare la propria.

Il “Marassi” di Genova sarebbe un’ottima struttura se solo ci fossero delle migliorie. Anche a Firenze è stato presentato un progetto per sostituire il “Franchi”, mentre a Bologna uno per riqualificare il “Dall’Ara”. A Bergamo i lavori sono già iniziati e a breve l’Atalanta potrebbe avere una nuova arena molto più bella e moderna. 

Nella serie Cadetta vi sono alcuni esempi positivi del tipo: “Benito Stirpe” di Frosinone, “Renzo Barbera” di Palermo; ma ci sono anche esempi negativi, come il “San Nicola” di Bari, altro regalo di Italia ’90; il capoluogo pugliese meriterebbe una struttura migliore.

Serve però molto di più di quanto si sta facendo. L’auspicio è che, tornando alle prime righe di questo articolo, la situazione possa migliorare e solo così l’Italia può tornare un giorno ad essere protagonista sia nelle competizioni europee per club, che Paese ospitante dei principali tornei europei e mondiali.

Alla politica, dal canto suo, il compito di agevolare e venire incontro ai finanziatori e promotori di queste opere, con leggi più semplificate e tempi meno lunghi, proprio per non scoraggiarli; a giovarne infatti è la collettività ed i cittadini tutti. Con lavoro, spazi verdi ed infrastrutture che rappresentano la moneta che il privato deve dare, in cambio dell’autorizzazione a costruire che ha ricevuto. Le c.d. opere di compensazione.

Continua a leggere su Fidelity News