È morto il vicecampione del mondo Tarcisio Burgnich

Tarcisio Burgnich è scomparso nella nottata del 26 maggio a Versilia, luogo in cui abitava da ormai svariati anni. La "Roccia" purtroppo deve arrendersi a una lunga malattia.

È morto il vicecampione del mondo Tarcisio Burgnich

Tarcisio Burgnich, soprannominato la “Roccia” da Armando Picchi suo compagno dell’Inter e della nazionale, è scomparso nella nottata del 26 maggio dopo aver combattuto contro una lunga malattia. Viene considerato dai maggiori esperti di calcio come il miglior difensore della storia.

Per esempio Mario Sconcerti, con un articolo pubblicato sul Corriere, lo posiziona in prima posizione tra i difensori italiani più forti di tutti i tempi: Per me è stato il più forte difensore classico, cioè l’uomo più difficile da superare. Non era ottimo nel ricominciare l’azione, ma era l’ideale per annullare un avversario. Non ci riuscì solo con Pelè e qualche volta con Gigi Riva. Ma al suo tempo gli attaccanti più forti erano dalla sua parte (Riva, Pulici, Prati, Chiarugi eccetera) e li ha sempre almeno arginati. A mio avviso, in quel ruolo, il più affidabile”.

I primi anni di Tarcisio Burgnich

Le prime presenze da professionista vengono fatte con l’Udinese, ove debuttò appena ventenne con i friulani alla penultima giornata della stagione il 2 giugno 1959, nella sconfitta contro il Milan per 7-0 allenata da mister Luigi Bonizzoni ormai già campione d’Italia.

Dopo altre 7 presente a Udine si trasferisce a Torino per giocare nella Juventus, ma qui non ottiene molta fortuna (ove vince un campionato ma da panchinaro) e l’anno successivo passa al Palermo dove gioca per 31 partite segnando anche il primo gol nei professionisti su punizione, nella prestigiosa vittoria esterna per 2-4 proprio con la Juve del 18 febbraio 1962.

La Grande Inter, il Napoli e la nazionale

L’anno successivo passa all’Inter, dove ci resta per ben dodici anni. Farà parte della storia “Grande Inter” che, come riportato dal giornalista Eduardo Galeano, è uno dei team più conosciuti ancora oggi: “Sarti; Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair; Mazzola, Milani (Peiró, Domenghini), Suárez, Corso. Allenatore Herrera. Quale altra formazione, a distanza di tanti lustri, è impressa più di questa nella memoria di ogni tifoso, anche non nerazzurro?”. Con l’Inter riesce a vincere quattro campionati, una Coppa Italia, due Coppa dei Campioni e 2 Coppa Intercontinentale.

Passa, dopo dodici con i nerazzurri, nel ’74 al Napoli allenato da Luís Vinício ove, nonostante i 35 anni di età, riesce a conquistare il cuore dei tifosi partenopei con la sua solita attenzione difensiva. Con la squadra azzurra riesce a vincere anche due trofei: una Coppa di Lega Italo-Inglese e una Coppa Italia. Si ritirerà nel ’77, ove prova la carriera da allenatore cambiando parecchie squadre ma non lasciando mai davvero il segno.

Con la nazionale italiana invece ottiene un secondo post nei mondiali di Messico ’70 (perdendo la finale per 4 a 1 contro il Brasile) ma vincendo l’Europeo nel ’68. Entra nella storia del calcio anche per il gol rocambolesco fatto nella partita del secolo tra Italia e Germania finita 4-3 nel 17 giugno 1970.

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