Esiste una cattiva abitudine giornalistica: paragonare, confrontare, sventolare davanti agli occhi dei lettori tabelle, numeri e statistiche per ‘tirare le somme’. Quante volte è stato lanciato il sondaggio su chi sia più forte tra Messi e Cristiano Ronaldo. Abitudine ribadita in tutti gli sport: Lewis Hamilton è più forte di Ayrton Senna? Vincenzo Nibali – indiscutibilmente il miglior attuale ciclista italiano, parlano i risultati – è allo stesso livello del ‘Pirata’ Marco Pantani? Paragoni che non sussistono, confronti scriteriati dal momento che in ballo ci sono infinite variabili: epoche diverse, contesti diversi, avversari diversi.
Oggigiorno va di moda accostare il talentuoso Paulo Dybala alla star del calcio mondiale Leo Messi che da quasi dieci anni occupa il palcoscenico del calcio mondiale. Il sorteggio di fine agosto ha stabilito che Juventus e Barcellona si dovessero incontrare martedì al Camp Nou: ma ben presto l’attenzione, più che sul confronto tra due delle squadre più forti d’Europa, è stata spostata sull’eterna sfida: “Dybala è finalmente a livello della Pulce?” – titolavano i giornali. Senza tralasciare il confronto tra le caratteristiche e i numeri tra i due fuoriclasse.
Già, i numeri. Perché se si vuole fare un confronto non si può che partire dalle statistiche. E subito la forbice tra i due si apre: Messi da quando a Barcellona gioca in prima squadra (2004) ha segnato 354 goal in 385 partite, una media da quasi un goal a partita. È sicuramente prematuro ed esagerato affiancare questi numeri a un ragazzino di sei anni più giovane che di storia ne deve scrivere ancora parecchia. Ma se confrontiamo le stagioni 2009-2010 e 2010-2011 della Pulce con le stagioni 2015-2016 e 2016-2017 della Joya il paragone risulta impietoso oltre che ingiusto: 100 goal in 108 presenze per l’extraterrestre del Barcellona contro i 42 goal in 94 partite del gioiello della Juventus.
Su base numerica, come è anche solo immaginabile creare dei confronti sensati?
Dopo aver estrapolato il ‘singolo’, reinseriamolo nel ‘collettivo’: Messi ha trascinato il Barcellona alla conquista di tre Champions League (2009-2011-2015) ed è il leader indiscusso di una squadra che, pur cambiando gli interpreti, è sempre stata caratterizzata da un meccanismo collaudato alla perfezione dove i giocatori danzano quasi in mezzo al campo. E anche quando il meccanismo si inceppa, la Pulce è in grado di accendere la luce e di risolvere le partite con una magia. Paulo, invece, ha ancora grandissimi margini di miglioramento: è assolutamente la stella più splendente del firmamento bianconero ma necessita di una grinta e di un’incisività maggiore nelle partite importanti. Nei match contro squadre meno blasonate ha già dimostrato più volte una capacità e un talento inarrivabile per chiunque altro: tuttavia, deve ancora raggiungere quella maturità che gli consenta di fungere da trascinatore nelle difficoltà oggettive della sua Juve che si palesano contro squadre di livello pari o maggiore.
Certo, il numero di maglia (da quest’anno la fatidica 10 dei grandi campioni), la posizione occupata nello schieramento, la stessa nazionalità, ma soprattutto le movenze e la raffinatezza di quel mancino fatato sono caratteristiche comuni a entrambi: ma tutto ciò che gravita attorno a queste similitudini è troppo distante per istituire dei paragoni. A partire dall’età: come si possono giudicare i risultati ottenuti da un ragazzo di 24 anni con un uomo di 30 che nella sua bacheca personale vanta 5 palloni d’oro? Come si può pretendere da quello stesso ragazzo di 24 anni che abbia lo stesso carisma del connazionale quando in squadra ha mostri sacri d’esperienza come Buffon, Chiellini e Marchisio?
Sarebbe più opportuno interrogarsi sul divario che martedì scorso si è visto tra le due forze in campo, non solo a livello di punteggio finale, quanto soprattutto a livello di gioco. Anche perché in tre partite di Champions le italiane hanno ottenuto due sconfitte (Juventus e Napoli) e un pareggio soffertissimo (Roma). Questi confronti sono più indicativi, e purtroppo negativamente. Il calcio è uno sport di squadra, non individualista: il singolo può fare la differenza ma senza l’apporto del collettivo anch’egli è destinato a fallire.