Giovanni Galeone si è spento all’età di 84 anni a Udine, lasciando un vuoto profondo nel mondo del calcio italiano. Ricoverato in ospedale da tempo, Galeone ha dedicato la sua vita al calcio, prima come centrocampista e poi come allenatore capace di imprimere una visione unica e coraggiosa in ogni squadra che ha guidato.
La sua carriera da tecnico è costellata di successi e promozioni: due con il Pescara (1986-87 e 1991-92), una con l’Udinese e una con il Perugia, mentre ha guidato anche Napoli, Como e Spal, portando ovunque il suo calcio propositivo, libero da compromessi e sempre votato all’attacco. Nato a Napoli il 25 gennaio 1941, Galeone iniziò la sua esperienza nel calcio nelle categorie minori, passando dall’Adriese al Pordenone, prima di entrare nel settore giovanile dell’Udinese.
Qui sviluppò un’idea di gioco che avrebbe influenzato intere generazioni di tecnici: il pallone doveva girare, la squadra attaccare e ogni partita rappresentare un’opportunità per sorprendere. Il suo 4-3-3 è diventato modello e riferimento per allenatori come Massimiliano Allegri, Gian Piero Gasperini e Marco Giampaolo, che hanno ereditato soprattutto la sua filosofia più che il singolo schema tattico.
Le stagioni al Pescara restano emblematiche: con giocatori come Junior, Pagano, Gasperini e Allegri, Galeone regalò spettacolo e entusiasmo, trasformando una piazza di provincia in un laboratorio di calcio estetico e coraggioso. La sua visione andava oltre il risultato: contava il modo in cui la squadra esprimeva personalità e intelligenza sul campo. La sua freddezza nei rapporti con alcuni presidenti, come Scibilia e Gaucci, testimonia il suo carattere indipendente, mai incline a compromessi e sempre fedele alle proprie idee.
Oltre alle qualità tecniche, Galeone era un comunicatore brillante, diretto e ironico. Le sue battute e osservazioni sul calcio italiano hanno attraversato decenni, insegnando a molti che la costruzione del gioco e la creatività valgono quanto il risultato finale. “Il portiere è un optional“, diceva spesso con un sorriso, sintetizzando la sua filosofia di calcio come forma di pensiero e libertà.
Galeone si è ritirato nel 2013, ma ha continuato a commentare e analizzare il calcio con lucidità e passione, mantenendo fede alla sua visione di gioco come linguaggio, estetica e rischio. La sua morte lascia un’eredità culturale e tecnica che va oltre le statistiche e i trofei: Giovanni Galeone non è stato solo un allenatore di successo, ma un maestro di libertà intellettuale, un uomo che ha trasformato il calcio in un’opera di pensiero e coraggio. Il ricordo di Galeone resterà indelebile nei cuori di chi lo ha conosciuto e nei tifosi di Pescara, Udine, Perugia e delle tante piazze in cui ha lasciato il segno, come esempio di come il calcio possa essere molto più di uno sport: una forma d’arte e un mezzo di espressione personale.