Era il 19 Luglio 2014 quando la Juventus ufficializzava il colpo dell’estate per il reparto avanzato: il nome era quello di Alvaro Morata, talento dei Blancos che non aveva mai trovato grande spazio tra le fila dei Galattici di Ancelotti, venendo spesso relegato al ruolo di “riserva di lusso” di un imprescindibile Benzema. L’arrivo dello spagnolo tra le fila bianconere venne accolto senza grande clamore, un po’ perché gli iberici nel nostro campionato hanno sempre faticato, ed un po’ perché il nome-pur ottimo-non ispirava grandi suggestioni. Gran talento, sì. Ma ancora tutto da dimostrare.
Così Alvaro è entrato quasi in punta di piedi nei meccanismi della Juventus, lasciando a malincuore il Real Madrid fresco vincitore della Champions League, per accasarsi in un club che potesse dargli l’opportunità di giocare con più continuità. Costo del trasferimento: 20 milioni di euro. Un investimento importante quello della dirigenza juventina, che tuttavia ha lasciato il futuro del ragazzo nelle sue mani, ed in quelle del Real Madrid: gli accordi infatti prevedono che le Merengues possano esercitare la cosiddetta “clausola de recompra” al termine di questa stagione e di quella successiva, per cifre attorno ai 30 e 35 milioni di euro, rispettivamente nel 2016 e nel 2017.
Insomma, il Real l’ha venduto ma si è riservato il diritto di poterlo riacquistare entro i prossimi due anni, pur ad un prezzo maggiorato. Marotta e Paratici, pur di mettere le mani sul talentino di casa Madrid, hanno accettato di buon grado. Così dopo un inizio in sordina, il rampante Alvaro ha saputo conquistare tutti, da Allegri ai tifosi: 43 apparizioni stagionali, 13 goal e 6 assist. Numeri buoni per un ragazzo di 22 anni, non ancora eclatanti, ma le ottime prestazioni di questa stagione lasciano intendere come il ragazzo sia un diamante tutto da sgrezzare.
Dopotutto lo stesso Ibrahimovic, al suo arrivo a Torino (pressappoco alla stessa età di Morata) aveva fatto registrare un andamento simile: 49 presenze totali, 16 goal e 5 assist. Insomma, le cifre sono in linea con le aspettative, la crescita finora è stata costante, ed i presupposti sono che Alvaro Morata, entro i prossimi due anni, possa diventare un attaccante di spessore internazionale; uno di quelli capaci di fare reparto da solo anche in Europa, per intenderci. Ed è qui che arriviamo al nocciolo della questione: l’Europa, la Champions League. La doppia semifinale contro il Real Madrid, “timbrata” dallo spagnolo bianconero all’andata ed al ritorno; reti che hanno permesso alla squadra di conquistare l’accesso alla finalissima contro il Barcellona dei fenomeni.
I due goal incassati dai Blancos hanno punito severamente la scelta della dirigenza di privarsi del giovane attaccante, tant’è che potrebbero orientare la campagna acquisti del Real verso l’esercizio della famigerata clausola. Ed è questa, al momento, la maggior paura juventina. Marotta l’ha già detto, sulle ali dell’entusiasmo dopo il passaggio del turno di ieri: “Cercherò di togliere la clausola di recompra”. Facile a dirsi, il vero problema è il ragazzo.
Ma chi, quello che ha appena portato la Juventus in finale? Sì. Proprio lui.
Alvaro non sembra infatti aver mai dimenticato il suo “candido” passato. E come potrebbe? Lui madrileno di nascita, d’estrazione e vocazione; lui che a 16 anni passò alle Merengues dal Getafe, nel 2008, vincendo due titoli giovanili ed entrando subito nelle grazie di un certo José Mourinho. Alvaro Morata ha sempre portato il Real Madrid nel cuore, ed a confermarlo è stato lui stesso ieri sera, dopo la vittoria ottenuta ai danni della sua ex squadra, condannata proprio dalla sua “doppietta dilazionata”.
Qualsiasi giocatore al posto suo avrebbe infatti esultato, avrebbe festeggiato, avrebbe guardato al futuro senza “se” e senza “ma”, ad una finale tutta da giocare e godere. Eppure Alvaro ha lasciato trasparire un velato sottotesto d’amarezza nelle sue dichiarazioni, una palpabile ombra di nostalgia per quell’ambiente reo di averlo lasciato andare troppo presto, troppo in fretta, pur con una clausola cautelativa per tutelare l’eventuale “errore”. “Era strano per me, guardavo l’altro spogliatoio e vedevo amici. Non ho neanche esultato e non lo farei altre mille volte. Ma sono un giocatore della Juve e ho fatto solo il mio lavoro” ha poi confessato il ragazzo, nel corso di un’intervista post-partita.
Dichiarazioni che esprimono tutto il sentimento che Morata prova ancora nei confronti di quel Real che, dopotutto, rappresenta il suo Paese, la città nella quale è nato, l’ambiente che ha respirato per sette anni della sua vita; fino a quando le esigenze di una carriera pronta per decollare non hanno finito con il separarlo dal nido. “Non posso pensare al futuro adesso che ho due finali da giocare”, ha poi continuato. Perché pensare al futuro ora, potrebbe voler dire pensare in blanco, e Morata è un professionista serio, su questo nessun dubbio.
Anche i professionisti però hanno un cuore, ed il suo non ha le tinte bianconere, per quanto sia riconoscente alla Vecchia Signora per aver creduto in lui. La mazzata finale? Quel: “Non posso piacere a tutti, io ho sempre fatto tutto con il massimo rispetto. Quando uno fa gol in un contesto così e non esulta, qualcosa vuol dire…”. Già, vuol dire ben più di qualcosa. Senza affermare direttamente alcunché, Morata è stato decisamente eloquente. Perché certi amori in crisi, a volte, necessitano di un periodo di separazione per maturare definitivamente.
E quello di Morata per il suo Real, probabilmente, non si è mai estinto. Non resterà che vedere cosa intenderanno fare le Merengues a questo punto, poiché nonostante le dichiarazioni di Marotta, la palla ora passa a loro. O meglio, passa al ragazzo, che sul campo ha già dimostrato di saperla trattare come si confà ad un vero futuro campione. Real Madrid o Juventus? La città e la squadra della sua vita, che ha però peccato di tradimento (pur riservandosi di richiamarlo a sé qualora dovesse rivelarsi all’altezza), o la nuova realtà che ci ha creduto e che l’ha lanciato, ponendo in lui le proprie speranze e le proprie aspettative presenti e future, e permettendogli di arrivare fino alla finale della massima competizione europea?
Per quanto le due dirigenze possano arrabattarsi sulla questione, alla fine il decisore è, e sarà, uno ed uno soltanto. Alvaro, scegli che vuoi fare da grande, anche se qualche segnale in tal senso l’hai già lanciato.
Tutto questo accade mentre Marotta fa finta di non sentire, inneggiando invece alla cancellazione della “recompra”. Per evitare che uno dei colpi più riusciti della sua gestione, possa rivelarsi in realtà una triste vittoria mutilata; resa appena appena meno amara solo da quei miseri dieci milioni di plusvalenza, dai quali andrà oltretutto detratto lo stipendio stagionale del giovane attaccante blanco-nero.