Il giudice della Corte Suprema di Manhattan, Matthew Coopera, ha accolto la richiesta presentata dalla signora Ellanora Biadoo di poter mettere fine al proprio matrimonio attraverso un messaggio privato inviato tramite il social network Facebook.
E’ indubbiamente il primo caso con queste caratteristiche contemplato dai tribunali, la cui autorizzazione si è resa necessaria vista l’irreperibilità del marito, il quale ha sempre fatto in modo di non ricevere le notifiche inoltrategli con altri mezzi.
“La richiedente ha il permesso di consegnare l’istanza di divorzio tramite un messaggio privato di Facebook”, ha affermato il giudice. Il contatto dovrà essere eseguito dall’avvocato, che dovrà ripetere l’invio del messaggio una volta alla settimana, per tre settimane, o comunque fino a quando il destinatario non dichiari di averne preso conoscenza.
Il quotidiano The New York Daily News è stato il primo a riportare la notizia e ha informato che la donna, di 27 anni, che vive a Brooklyn, ha tentato senza successo di comunicare al suo sfuggente marito, Victor Sena Blood Dzraku, la sua intenzione di divorziare.
La signora Biadoo e il signor Blood Dzraku, entrambi originari del Ghana, stato dell’Africa occidentale, si sono sposati con una cerimonia civile nel 2009. Alla base della richiesta di divorzio da parte della moglie c’è il rifiuto dell’uomo di partecipare a un rituale di nozze del Ghana; rituale che potrebbe risultare evidentemente oneroso per lo sposo che deve portare alla futura suocera la così detta “aseda” o “denaro del ringraziamento”, ossia una somma di denaro quale risarcimento per la perdita della potenzialità generatrice della figlia concessa in matrimonio.
Per non aver voluto partecipare al tradizionale rito del ghana, il matrimonio non è mai stato consumato e la coppia non ha mai vissuto insieme. L’uomo manteneva un contatto con la donna solo attraverso conversazioni telefoniche e tramite Facebook, dove avrebbe informato la donna di non avere un indirizzo fisso dove poter ricevere posta.
L’uomo avrebbe anche rifiutato di incontrale la Biadoo per la consegna della documentazione. Perfino il servizio postale ha informato che non esiste un indirizzo registrato a suo nome; stessa identica riposta è stata data dall’operatrice della carta prepagata di telefonia mobile.
“Abbiamo provato di tutto, compresa l’assunzione di un detective privato, senza successo“, ha detto l’avvocato della Biadoo.