Appena un paio di mesi fa, Toyota non sembrava essere interessata all’argomento delle auto a guida autonoma. Tuttavia, i recenti progressi fatti all’interno del suo centro di ricerca dimostrano che, in realtà, la casa automobilistica di Aichi è decisamente “sul pezzo”, con 2 soluzioni di differente livello.
Ai primi di Gennaio, Gill Pratt – responsabile del Research Institute di Toyota – dichiarò che non si era nemmeno vicini alla vera auto a guida autonoma: considerando quanto poco l’uomo tolleri gli errori derivanti dalla costruzione di un’automobile, è verosimile che, ancor meno, tollererebbe quelli dell’intelligenza artificiale.
Quest’ultima, applicata alle auto, ha bisogno di “farsi le ossa” con migliaia di chilometri di test in tutto il mondo: solo allora, concludeva Pratt, si potrà arrivare al livello 5 di guida autonoma, in cui l’intervento umano non è mai richiesto, a prescindere dalla circostanza, o dal tipo di manovra da farsi.
In realtà, lo scenario è meno cupo di come Pratt – abile nel gioco del depistaggio – lo dipingeva in quell’occasione. Toyota, sin dal 2015, ha investito svariati miliardi di dollari nel suo Research Institute, che si occupa di intelligenza artificiale applicata alla domotica, ed all’automotive.
E i risultati si iniziano vedere: la casa nipponica, dopo aver dotato una sua Lexus LS 600HL di un sistema LIDAR (telecamere e sonar con funzione di radar, per creare una riproduzione 3D dell’ambiente circostante), avrebbe sviluppato due diversi percorsi di guida autonoma.
Il primo si chiama Gulliver, ed è quello destinato a sbarcare per primo sul mercato: in sostanza, si tratta di un sistema di guida autonoma di 4° livello, che limita l’autonomia ad alcune aree e, per il resto, richiedendo sempre che il conducente rimanga vigile, si occupa di fornire assistenza nel completare alcune manovre (es. il sorpasso, il parcheggio).
Diversamente, Chauffeur è un sistema autonomo di 5° livello, in cui sarà possibile impostare la destinazione e, proprio come appunto nel caso di uno chauffeur umano, lasciarsi scarrozzare verso la medesima: va da sé che, in questo caso, Pratt aveva davvero ragione, dacché questo sistema automotive è destinato a sbarcare sul mercato ben più in là del “fratello minore”.
Ambedue i sistemi, in ogni caso, come dichiarato a Yahoo, faranno ampio uso del deep learning, in modo che i veicoli imparino a conoscere le abitudini e le abilità di guida dei conducenti, e possano trarre ulteriori benefici dalla condivisione dei dati, con gli altri veicoli autonomi, sia attingendo a comuni banche informative, sia tramite un diffuso sistema di condivisione e connettività che collegherà tutti i veicoli dotati di intelligenza artificiale.