Spesso, siamo stati indotti a pensare che i motori diesel siano molto più inquinanti di quelli a benzina. Nell’immaginario collettivo, il fumo allo scarico, l’inconfondibile rumorosità e le prestazioni velocistiche inferiori, non potevano che ingenerare un minor appeal dei propulsori diesel rispetto a quelli a benzina. Per queste ragioni, i motori a compressione sono stati a lungo relegati in una categoria meno nobile della motorizzazione a quattro ruote.
Ma, nel corso degli ultimi decenni, i propulsori a gasolio hanno conosciuto una continua innovazione che li ha portati a somigliare sempre più a dei benzina e, per alcuni aspetti, ad esserne anche superiori. E, nell’eterno dilemma tra i due tipi di motori, un contributo a favore della causa del diesel è stato recentemente apportato dall’Università di Montreal.
Lo studio condotto dall’ateneo canadese ha dimostrato che i moderni propulsori a gasolio dotati di filtro anti-particolato emettono delle quantità di polveri sottili 10 volte inferiori rispetto a quelli a benzina. Le rilevazioni in questione sono state eseguite utilizzando una “camera dello smog”, al cui interno venivano avviati i motori di diverse autovetture.
Gli autori hanno fatto notare che tale divario si registra però ad una temperatura ambientale di 22 gradi, in quanto ad una temperatura di 7 gradi il gap conosce una crescita vertiginosa. In questo caso, il motore a benzina emette una quantità di polveri sottili 62 volte più alta di un diesel con filtro anti-particolato. La ragione sarebbe da rintracciare nella minor efficienza della marmitta catalitica durante la cosiddetta “partenza a freddo”.
Come ribadito dagli autori delle analisi sulle emissioni, il ruolo del filtro anti-particolato è senza ombra di dubbio cruciale. A tal fine, è sufficiente pensare che in Europa basterebbe solo il 3% delle auto a non esserne equipaggiato, per azzerare i vantaggi apportati da tutti gli altri veicoli che invece lo montano.