Famosi per la loro puntualità, i treni giapponesi sono orgogliosi di essere noti per cose positive, e fanno quindi di tutto per rendere efficiente ogni servizio, anche quello della pulizia dei treni. Basti pensare che qualche anno fa un macchinista si è addirittura suicidato perché durante l’anno i treni che lui conduceva avevano portato un ritardo complessivo di 5 minuti, cosa che per l’uomo era un disonore.
E’ chiaro che per permettere ai treni di essere sempre puntuali è necessario che ogni servizio funzioni correttamente, e quindi anche le operazioni di pulizia dei convogli si devono svolgere alacremente e con la massima efficienza. Ed è proprio qui che viene il bello! La velocità di coloro che si occupano di fare le pulizie dei treni è davvero impressionante e va a ritmo della velocità dei treni: quindi treni superveloci, pulizie ancora più veloci. Per questo motivo l’attività delle pulizie viene spesso chiamata “i 7 minuti del teatro shinkansen”. Il nome “shinkansen” è il termine giapponese con cui vengono indicati i treni superveloci, che vanno alla velocità anche di 200 km/h. Per pulire questi treni è concesso un margine di tempo di appena 7 minuti, durante il quale ogni cosa deve essere pulita e brillante e deve essere fatta con grande efficienza.
La cosa più strana è che, se fino a qualche tempo fa questo era ritenuto un lavoro da scartare perché troppo umile e degradante, con l’avvento dei treni superveloci è stato visto sotto un’altra forma: adesso è un lavoro di tutto rispetto e svolto con grande abilità e interesse da parte degli addetti, che ne hanno fatto uno dei fiori all’occhiello dell’ospitalità giapponese. E’ stata questa infatti la molla che ha fatto scattare l’interesse per questo lavoro: il senso di ospitalità dimostrato dagli addetti alle pulizie, ha fatto sì che adesso i viaggiatori portano fuori dal treno la propria spazzatura, rendendo il lavoro degli addetti ancora più facile.
Un’organizzazione perfetta, da fare invidia al mondo intero, e che ha anche attirato l’interesse di dirigenti delle ferrovie francesi e professori della Harvard University, che hanno voluto vedere con i propri occhi il metodo di lavoro di queste squadre giapponesi.