Facebook: istituzioni europee allarmate per l’unificazione delle chat di WhatsApp, Instagram, e Messenger

Facebook, nelle scorse ore, è stato già chiamato a rendere conto del suo progetto di unificare le chat di WhatsApp, Messenger, Instagram (Direct): ecco cosa chiedono le istituzioni europee al gigante di Menlo Park.

Facebook: istituzioni europee allarmate per l’unificazione delle chat di WhatsApp, Instagram, e Messenger

Nonostante siano passaggi alcuni giorni da quando è emerso il progetto di Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, di unificare le chat delle sue principali applicazioni di messaggistica, l’argomento continua a far discutere, tanto da aver richiesto già delle precisazioni alle autorità italiane, mentre quelle comunitarie sono già partite all’assalto di Menlo Park che, d’altro canto, ha dimostrato buona volontà con una topica non da poco. 

Intervenuta alla Camera dei deputati nel corso di una sessione di lavoro relativa ai Big Data ed all’avvento del 5G, la responsabile Facebook per le relazioni istituzionali nel Sud Europa – Laura Bononcini – ha svelato come, tra Messenger e WhatsApp, ogni giorno si scambino più di 100 miliardi di messaggi. Forte di questa potenza di fuoco, ma anche per estendere a Messenger la crittografia end-to-end di WhatsApp, Menlo Park sta davvero pensando di integrare le sue chat includendo, nel novero, come anticipato dal New York Time, anche Instagram. Questo, tra l’altro, potrebbe portare grandi benefici anche agli investitori pubblicitari, in termini di platea potenziale ma, onde recepire quanto disposto dai Garanti dell’Unione Europea (es. nel Marzo 2018 dal commissario dello UK per le informazioni), è stato già interrotto lo scambio – finalizzato all’advertising – di dati e informazioni tra Facebook e WhatsApp

Evidentemente, però, le istituzioni europee sono decisamente preoccupate dalla prospettiva di unificare WhatsApp, Messenger, e Instagram e, per tale motivo, l’ente che si occupa della privacy facebookiana sul Vecchio Continente, la DPC (Data Protection Commission) irlandese ha chiesto a Menlo Park un incontro urgente su quella che, almeno per ora, è un idea concettuale in sviluppo: l’obiettivo è assicurarsi che, in vista dell’unificazione dei database delle app, passo propedeutico per ottenere una chat cross-platform con account registrati in modo differente, vengano rispettati i dettami del GDPR, anche visti i pregressi degli ultimi tempi.

In occasione del check-in fatto al codice di condotta volontario controfirmato dai big dell’hi-tech (tra cui anche Facebook) Mariya Gabriel, commissario UE al digitale, pur confermando i progressi del social negli ultimi tempi in tema di disinformazione, ha spiegato che va fatto ancor di più, magari estendendo il raggio d’azione delle annunciate misure per la trasparenza delle pubblicità politiche anche a quelle comunicazioni o ai messaggi che vengono fatti da utenti e organizzazioni a fini di orientamento politico. In attesa che questo accada, e che venga certificato in occasione dei rapporti mensili che verranno redatti per valutare i progressi sull’argomento, i ricercatori dovrebbero poter accedere ai dati di Facebook senza gli attuali tentennamenti del suo management, e le norme già messe in campo dovrebbero essere disponibili in tutti i 28 paesi membri, e non solo in 8 di essi com’è oggi. 

Intanto, c’è già una prima vittima illustre delle pressioni subite da Facebook ed è l’organizzazione no-profit di giornalismo investigativo ProPubblica: quest’ultima, avvalendosi di uno script e di volontari, aveva redatto un archivio che permetteva di appurare quale fascia di utenti fosse il bersaglio preferito delle inserzioni di una data forza politica. Facebook, infatti, onde incrementare la sicurezza della piattaforma, ha bloccato tutti quei tool (Who Targets Me compreso) che simulavano il click sulla sezione “Perché visualizzo questa inserzione?“. 

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