Il Covid-19 arreca seri danni anche al cuore

A confermarlo è una ricerca finanziata dalla Regione Lombardia, con la quale si è constatato che, una volta attaccate dal virus, le cellule cardiache, oltre a danneggiarsi, diventano a loro volta veicolo dell’infezione.

Il Covid-19 arreca seri danni anche al cuore

Non è certo una novità che il Covid fosse pericoloso per diversi organi, in primis i polmoni. Da un anno a questa parte, diverse ricerche hanno dimostrato quali danni fosse capace di arrecare il virus responsabile della pandemia più importante del XXI secolo. Ma oltre al polmoni, il Sars-CoV-2 è altresì in grado di dar vita ad una lunga serie di problematiche a livello cardiaco.

A confermare queste conclusioni ci ha pensato una ricerca finanziata dalla Regione Lombardia, alla quale hanno partecipato il Centro Cardiologico Monzino e l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. I risultati pubblicati su Cardiovascular Research, una rivista scientifica della European Society of Cardiology (ESC), hanno evidenziato come le cellule stromali, quelle maggiormente presenti all’interno del cuore, oltre ad essere attaccate dal virus, possono a loro volta essere utilizzate come veicolo per propagare l’infezione.

Come sottolineato dai ricercatori italiani, il virus può causare una serie di problematiche a livello cardiaco come scompensi e aritmie, che in alcuni casi continuano a manifestarsi anche dopo la guarigione. Bisogna poi sottolineare che se l’infezione arriva a coinvolgere il muscolo cardiaco, questa circostanza viene spesso associata ad un peggior decorso della malattia.

Sul punto il dott. Maurizio Pesce, responsabile dell’unità di ricerca in ingegneria tissutale cardiovascolare del Centro Cardiologico Monzino, ha esordito ricordando che il virus è in grado di entrare nelle cellule facendo uso del recettore ACE2 e conseguentemente di replicarsi, diffondendosi nel cuore. Sul punto ha poi aggiunto che “in parallelo, abbiamo osservato che le stesse cellule possono anche evolvere verso un destino pro-infiammatorio da cui ne conseguirebbe la deposizione di tessuto fibrotico”.

Non da ultimo si è osservato che maggiore è la presenza del recettore ACE2, più severa rischia di essere l’infezione. La dottoressa Alessandra Amendola, dirigente Biologo presso il Laboratorio di Virologia dello Spallanzani, è dell’idea che per ridurre l’infiammazione a livello cardiaco, sia necessario far ricorso agli anti-infiammatori già utilizzati negli attuali protocolli anti-COVID.

Contrariamente a quanto si era ipotizzato ad inizio pandemia, ciò non genera un’interazione negativa tra trattamenti anti-ipertensivi e gravità dell’infezione, almeno a livello del cuore. Ad ogni modo i futuri studi saranno necessariamente chiamati a mettere a punto un farmaco che inibirà la replicazione virale a livello cardiaco.

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