Fertilità a rischio con le capsule per il caffè

Secondo una recente ricerca italiana, le capsule per il caffè (di plastica o di alluminio) potrebbero ridurre la fertilità, a causa degli ftalati che queste rilasciano nel caffè che beviamo.

Fertilità a rischio con le capsule per il caffè

Da diversi anni sono presenti sul mercato capsule di plastica o di alluminio contenenti preparati monodose di caffè. Generalmente esse hanno un contenuto di caffè che può andare dai 5 ai 7 grammi per capsula.

Le capsule sono molto apprezzate per la loro semplicità di utilizzo: è sufficiente inserire la capsula nella macchinetta, spingere un pulsante e il caffè è pronto per essere gustato, risolvendo così il problema del dosaggio e della polvere del caffè sui ripiani.

Tuttavia questa tipologia di caffè potrebbe non essere totalmente sicura per la salute. A dimostrarlo è stato un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Padova, in collaborazione con il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), secondo cui l’utilizzo delle capsule potrebbe essere potenzialmente pericoloso per la fertilità. A compromettere la fertilità sarebbero gli ftalati, agenti chimici che vengono aggiunti alle materie plastiche (tra cui il PVC) per aumentarne la flessibilità.

In tutte le miscele prese in esame, ottenute da cialde biodegradabili, da capsule in alluminio o da quelle in plastica, è stata osservata una determinata percentuale di ftalati. Questi svolgerebbero un’azione simil-estrogenica, conducendo ad un aumento del rischio di patologie andrologiche e ad una alterazione delle funzioni riproduttive.

Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Padova e presidente della Fondazione Foresta Onlus, ha sottolineato: “Non vogliamo demonizzare nulla, anche perché le concentrazioni riscontrate sono nell’ambito dei range consentiti. Ma dev’essere considerato che, anche attraverso questa contaminazione, si contribuisce al raggiungimento dei valori soglia segnalati come nocivi dalle autorità sanitarie nazionali ed internazionali”. E aggiunge: “Sarebbe importante cercare di capire se, nell’arco della giornata, si superano i limiti dell’assunzione, quantificando i valori medi di esposizione. Una ricerca che aiuterebbe anche a decidere in che modo eventualmente limitare l’esposizione”.

Gli esperti sottolineano inoltre che le capsule per il caffè non sono l’unico mezzo di contaminazione da ftalati nel cibo: gli ftalati vengono introdotti nel nostro organismo anche con altri alimenti.

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