Trova un messaggio in una bottiglia scritto 36 anni prima: il contenuto fa il giro del mondo (1 / 2)

Trova un messaggio in una bottiglia scritto 36 anni prima: il contenuto fa il giro del mondo

Da tempi immemori, un messaggio contenuto in una bottiglia era uno dei pochi modi che un naufrago aveva per comunicare la propria esistenza, affidando alla sorte le proprie preghiere e le proprie speranze; in molti casi anche il proprio testamento, ben consapevole che ci sarebbe voluta una serie di coincidenze straordinarie affinché qualcuno lo rinvenisse, decidesse di soccorrerlo e riuscisse ad arrivare in tempo. Si dice che il primo a sfruttare questa forma di comunicazione fu il filosofo greco Teofrasto nel 310 a.C., allo scopo di provare a dimostrare che il Mediterraneo fosse un bacino dell’oceano Atlantico.

In questa curiosa abitudine incorse anche il celebre navigatore genovese Cristoforo Colombo il quale, durante una tempesta, affidò ad un messaggio in bottiglia le sue scoperte e le sue rivelazioni; la nave riuscì tuttavia a resistere ed a rimanere a galla, mentre del messaggio di Colombo si persero le tracce. Nel XVI secolo questa pratica divenne illegale in Inghilterra e chi veniva sorpreso ad aprire messaggi nelle bottiglie rischiava addirittura la morte, poiché la regina Elisabetta I era convinta che potesse essere un modo utilizzato dalle spie per scambiarsi messaggi.

Di recente oramai i messaggi in bottiglia sono diventati obsoleti, per via del fatto che grazie alle nuove tecnologie è possibile mettersi direttamente in contatto con le persone con le quali vogliamo parlare in maniera istantanea, senza bisogno di affidare al mare i nostri pensieri. Tant’è che la locuzione “messaggio in bottiglia” è diventata utilizzata quasi unicamente a scopo metaforico, per descrivere una richiesta d’aiuto disperata e quasi folle, come nel caso della famosa “Message in a bottle” dei Police il cui testo riguardava proprio la depressione e la solitudine più buie.