Risolto il “caso” Giacomo Leopardi: “Non era depresso, non era uno sfigato. Morì per un male genetico” (2 / 2)

Il neurochirurgo ha spiegato come sia riuscito ad arrivare a questa nuova ipotesi: “Ho seguito un metodo di indagine squisitamente clinico, ho analizzato i sintomi di cui parla nelle lettere tra cui disturbi urinari, deformità spinale, disturbi visivi, astenia, gracilità, bassa statura, disturbi intestinali e complicanze polmonari e cardipolmonari. Piuttosto che pensare a tante diverse patologie ho ricondotto questo quadro ad un comun meccanismo degeneratore“. Quindi, secondo il medico monzese, Giacomo Leopardi era affetto da una malattia genetica rara, ovvero la spondilite anchilopoietica giovanile che ancora oggi si manifesta raramente, sono 5 o 7 casi ogni 100mila persone:

“Dalle lettere sappiamo che Leopardi non è nato gracile e gobbo, anzi il fratello Carlo lo descrive come un bambino vivace e leader nei giochi. La deformità spinale, una cifosi dorsale, insorge dopo i 16 anni come si trova conferma nelle parole del marchese Filippo Solari che scrive di aver lasciato “Giacomino di circa 16 anni sano e dritto” e di averlo ritrovato dopo 5 anni “consunto e scontorto””. I suoi celebri 7 anni di studio intenso nella biblioteca paterna, aggravarono la sua deformazione alla quale si aggiunsero anche altri problemi tra questi quelli alla vista, disturbi intestinali e complicanze cardiopolmonari.

Morì a 39 anni, esattamente il 14 giugno 1837. Il medico ha concluso la sua scoperta affermando: “La sua morte, con tutta probabilità, è avvenuta per scompenso cardio respiratorio“. Questa indagine, ha concluso quindi, la diagnosi di depressione psicotica:La sua malattia ha influenzato i tratti caratteriali, ma non si può certo parlare di depressione in un uomo che come Leopardi viaggiò molto fino alla fine dei suoi giorni, continuò a creare moltissimo. Aveva tanti progetti da realizzare ed ebbe sempre il coraggio di proiettare il suo sguardo oltre gli ostacoli“.