Leucemia, primo bimbo curato in Italia grazie alla terapia genica (2 / 2)

Un traguardo che potrebbe salvare la vita del giovane paziente. “Per questo bambino – ha affermato il prof. Locatelli – non erano più disponibili altre terapie potenzialmente in grado di determinare una guarigione definitiva. Qualsiasi altro trattamento chemioterapico avrebbe avuto solo un’efficacia transitoria o addirittura un valore palliativo. Grazie all’infusione dei linfociti T modificati, invece, il bambino oggi sta bene ed è stato dimesso. È ancora troppo presto per avere la certezza della guarigione, ma il paziente è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo. Per noi è motivo di grande gioia, oltre che di fiducia e di soddisfazione per l’efficacia della terapia. Abbiamo già altri pazienti candidati a questo trattamento sperimentale”.

La tecnica utilizzata in questo caso era già stata sperimentata con successo negli Stati Uniti nel 2012, su una paziente di 7 anni con leucemia linfoblastica acuta. In Italia, la terapia differisce in maniera parziale: cambia infatti la piattaforma virale utilizzata per il percorso di manipolazione genetica, così come cambia la sequenza genica realizzata. L’ospedale Bambino Gesù prevede anche l’inserimento della Caspasi 9 Inducibile (iC9), ovvero una sorta di gene ‘suicida’, in grado di bloccare l’azione dei linfociti modificati e quindi attivabile in caso di eventi imprevisti o avversi.

Dopo i primi  successi, lo studio è stato sviluppato in molti Paesi del mondo fino a convincere la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia del governo americano che si occupa di regolamentare i prodotti immessi nel mercato, ad approvare il primo farmaco a base di CAR-T.

Per il nostro paese si tratta di un importante passo in avanti nel campo della medicina di precisione in ambito onco-ematologico, come ha ribadito il prof. Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù. “Le terapie cellulari con cellule geneticamente modificate ci portano nel merito della medicina personalizzata, capace di rispondere con le sue tecniche alle caratteristiche biologiche specifiche dei singoli pazienti e di correggere i difetti molecolari alla base di alcune malattie. È la nuova strategia per debellare malattie per le quali per anni non siamo riusciti a ottenere risultati soddisfacenti. Un settore di avanguardia nel quale l’Ospedale non poteva non essere impegnato”.