La Chiesa di Svezia tuona: “Basta Dio maschile: Dio non ha genere” (1 / 2)

La Chiesa di Svezia tuona: “Basta Dio maschile: Dio non ha genere”

In questo periodo le declinazioni linguistiche stanno attirando l’attenzione del “popolino” come forse mai prima d’ora: è pur vero che fin da sempre il linguaggio ha rappresentato una vera e propria eredità culturale da trasmettere in maniera fluida da generazione a generazione, e spessevolte sono state presentate obiezioni particolari contro determinate forme linguistiche direttamente da parte del popolo (basti pensare al passaggio dal latino al volgare). Tuttavia mai come oggi la parola sta venendo strumentalizzata come veicolo di concetti sociali “di moda”.

Oggi infatti, grazie alle sofisticazioni sempre meno funzionali e sempre più artificiose dell’arte della retorica, stiamo assistendo a stravolgimenti mica da ridere del nostro vocabolario quotidiano affinché il dizionario si prostri – col capo opportunamente cosparso di cenere – dinanzi al feticcio del politicamente corretto. Il “politically correct” è infatti diventato una vera e propria mania, vieppiù dati i recenti scandali riguardanti personaggi di potere che sono stati messi sotto accusa non tanto per i risultati conseguiti nelle proprie vesti ufficiali, bensì per qualche uscita giudicata fuori luogo dal punto di vista comunicativo.

Ci si sta dunque spostando sempre più verso l’arte di apparire, al punto che siamo arrivati ad una situazione di tale paradosso che “sembrare” una persona davanti alle telecamere è diventato preferibile all’esserlo dal punto di vista istituzionale. Non si tratta certo di una novità, il “predicare bene e razzolare male” fa parte dell’essere umano dalla notte dei tempi, ma i mass media hanno esasperato questa situazione al punto da rendere la volatile parola d’importanza subordinante rispetto all’atto stesso. Ed ora questa perversione dei nostri tempi si è estesa anche alla religione.