Fu abbandonato dai genitori perché “troppo brutto”, poi la svolta (2 / 2)

La vita di Jono fu infatti un calvario anche a scuola: gli altri bambini voltavano lo sguardo altrove quando passava, alcuni di loro lo schivavano per paura che quella malattia fosse contagiosa e di poter diventare come lui. “Quando chiesi a mia madre perché si comportavano così, si mise a piangere. Ed io mi sentivo in colpa, non volevo che mia madre piangesse per causa mia“. Queste parole mostrano l’innocenza e la bontà di un bambino incapace di comprendere i motivi di una forzata emarginazione sociale. Dovrebbero costituire uno spunto per una profonda riflessione per molte persone.

Con il tempo però Jono ha saputo accettare la sua condizione, facendo dell’ironia la sua arma migliore, ed oggi è diventato un relatore di fama internazionale specializzato proprio nell’aiutare altri bambini a superare le difficoltà legate a questa sindrome: “Quello che è cambiato è stata la mia attitudine, il mio modo di affrontare il problema: con lo spirito giusto, nulla di è precluso“. Jono è dunque riuscito a cambiare il modo di affrontare le sue difficoltà ed ha cambiato totalmente il corso della sua esistenza.

Il caso di Jono dovrebbe essere portato come esempio virtuoso di un percorso di vita iniziato con enormi difficoltà oggettive e che grazie alla forza emotiva è stato radicalmente trasformato in positivo. Dovrebbe far riflettere diverse persone sulle reali difficoltà che la vita può presentare e sulle quali non si può avere alcun controllo. Nel caso in cui la vita ci presenti delle avversità bisogna sempre assumere un atteggiamento costruttivo che ci aiuti a superare tali eventi nella maniera migliore possibile, uscendone addirittura fortificati come nel caso di Jono.