Fabrizio De André, “Parole e Musica di un Poeta”: lo speciale di Vincenzo Mollica a 20 anni dalla morte (2 / 2)

L’equilibrio con cui soppesava ironia e sarcasmo, ma anche romanticismo, amore, abbandono e malinconia, sono solo alcune delle sfumature di una tavolozza musicale dai mille cromatismi.
Fabrizio cantava la gente comune, la gente della sua Genova: Prostitute, Matti, persone della strada, dei carruggi genovesi, della vita notturna ma anche professionisti come Giudici, Ottici, Medici.
Un altro genere di grande spessore culturale sono le canzoni che parlano d’amore, di dame che attendono i loro cavalieri, di pirati e navigatori, di suicidi e sofferenze.

Uomo rivoluzionario e semplice, come semplici e un po’ dannati i suoi vizi, il fumo che lo portava a tenere sempre la sigaretta in mano, anche durante i concerti, tra un accordo e l’altro, e l’alcool che lo tiene per diversi anni sul filo della dipendenza. Conflittuale il rapporto con il primo figlio Cristiano, che spesso ha dichiarato di essere cresciuto solo con la madre, che ha sofferto e tentato anche il suicidio.  Un ragazzo “figlio d’arte” che come spesso accade ha faticato molto per crearsi una propria carriera professionale, grande musicista, sempre un po’ all’ombra, inevitabilmente del successo paterno.
Il loro rapporto si rinsalda pochi anni prima che un tumore stronchi il padre definitivamente.

Malato da tempo Fabrizio al quale 11 anni prima nel 1988 era stato diagnosticato un carcinoma polmonare, in seguito al malessere avuto durante un concerto in Valle d’Aosta che lo aveva costretto a interrompere lo spettacolo; nel ’99 si aggrava e dopo un ricovero di alcuni mesi all’Istituto Tumori di Milano in cui pare che non volesse farsi vedere proprio dal figlio, forse per lo stato di debolezza in cui si trovava, all’inizio del nuovo anno muore lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di tutti.