Ecco perché Matteo Salvini è andato al Festival di Sanremo (2 / 2)

Casualità a parte, l’attrazione fatale tra la politica e il festival della musica italiana risale a tempi molto antichi, ed è sempre stata molto appassionata e controversa. I cantanti di tanto in tanto occhieggiano alla politica nei loro testi, è cosa nota. I politici dal canto loro cercano l’abbraccio con l’Ariston, con l’unica kermesse canora alla quale sia stata effettivamente applicata la categoria gramsciana del nazionalpopolare (lo fece Pippo Baudo, sommo teologo del festival). L’anno scorso, durante la finale, abbiamo anche assistito all’intervento sul palco del ministro della Difesa Roberta Pinotti.

Nulla di paragonabile tuttavia a quanto è accaduto al Sanremo edizione 2013, l’unico precedente pre-elettorale della storia recente. L’allora direttore artistico Fabio Fazio dovette vedersela con Silvio Berlusconi che voleva rinviare la kermesse “per non distrarre il pubblico dal dibattito politico” e con la contestazione a Maurizio Crozza per via della sua imitazione dello stesso Berlusconi. E poi il blitz a Sanremo 2014 del fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo che comprò un biglietto in platea annunciando clamorose azioni di disturbo per denunciare gli sprechi di Mamma Rai, poi si limitò a un duplice comizio tra la piazza e il bar dell’Ariston.

Magari ha ragione Rino Formica, indimenticabile ministro socialista di diversi governi della Prima Repubblica e fulminante battutista, secondo il quale se vuoi sapere come andranno le elezioni del prossimo 4 marzo devi guardare il festival di Sanremo. “La vera sorpresa di queste urne – ha affermato Formica al Sussidiario.net – non sarà solamente l’espressione diretta degli elettori, ma anche la loro espressione indiretta. E secondo me la quota dell’astensione sarà pari allo share del Festival”. Sarebbe questo il termometro per misurare l’effettiva disaffezione del popolo italiano nei confronti delle prossime elezioni. Sarà effettivamente così?