Carcinoma ovarico, la mortalità è in calo ma solo il 65% delle donne fa il test genetico (2 / 2)

Questa diminuzione è stata possibile grazie alle terapie che sono sempre più efficaci e permettono di controllare la patologia anche nello stadio metastatico. Tra le terapie più efficaci c’è quella dei farmaci inibitori di Parp che oggi sono utilizzabili sia nelle pazienti BRCA mutate che nelle pazienti non mutate. Il presidente della Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) Fabrizio Nicolis, ha spiegato:

“Le armi contro il tumore dell’ovaio spaziano dalla chirurgia alla chemioterapia fino alle terapie mirate, in cui rientrano gli inibitori di PARP”.

“Conoscere lo stato mutazionale dei geni BRCA è sempre molto importante ed il test dovrebbe essere effettuato su tutte le pazienti al momento della diagnosi per poter definire le migliori strategie terapeutiche e iniziare il percorso familiare che potrebbe permettere l’identificazione di persone sane con mutazione BRCA, nelle quali impostare programmi di sorveglianza o di chirurgia per la riduzione del rischio di sviluppare il tumore ovarico. Ma, ancora oggi, non tutte le pazienti che dovrebbero essere sottoposte al test BRCA lo eseguono”.

Quindi se il tumore si trova in un ovaio, la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 90% mentre scende fino a raggiungere il 15 – 20% negli stadi avanzati.

Solitamente il 20% delle neoplasie ovariche è ereditato ed è appunto causato da specifiche mutazioni genetiche. Stefania Gori, Presidente Nazionale AIOM e Direttore dipartimento oncologico, IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar, ha spiegato: “BRCA1 e BRCA2 sono due geni che producono proteine in grado di bloccare la proliferazione incontrollata di cellule tumorali. Queste proteine partecipano a meccanismi di riparo del DNA, garantendo l’integrità dell’intero patrimonio genetico. Quando sono mutate, cioè difettose, il DNA non viene riparato correttamente e si determina un accumulo di alterazioni genetiche, che aumenta il rischio di cancro”.