Pensione, dal 2019 forse occorreranno 67 anni

Sembra che al tavolo del Governo Gentiloni ci sia l'ipotesi di innalzare l'età per poter accedere alla pensione di vecchiaia, portandola a 67 anni. Il provvedimento, se approvato in sede politica, potrebbe andare in vigore dal 2019.

Pensione, dal 2019 forse occorreranno 67 anni

Sembra che l’attuale Governo Gentiloni stia lavorando all’ipotesi per innalzare il numero di anni per poter andare in pensione, passando così dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni. Se dovesse essere presa in considerazione e approvata, la decisione del Governo riguardante la materia pensionistica potrebbe andare in vigore a partire dal 2019.

La nota testata giornalistica milanese del “Corriere della Sera” rivela come quella che fino ad oggi sembrava essere una delle tante ipotesi prese in considerazione dalla compagine governativa, sembra in realtà essere molto più concreta, tanto che da mesi un team di tecnici di vari ministeri – Lavoro, Tesoro e Presidenza del Consiglio – si siano adoperati per tracciare il percorso per raggiungere quello che sarà probabilmente uno dei più impopolari obiettivi raggiunto dall’attuale Governo.

La decisione sull’annosa materia pensionistica potrebbe essere varata subito dopo la pausa estiva, a ridosso delle prossime elezioni, e sembra porio che solo una decisione presa da tutte le parti politiche possa scongiurare questo reale pericolo. Ma per quale motivo si vuole rivedere il limite d’età per ottenere la pensione di vecchiaia?

Tutto tra origine dalle nuove indicazioni divulgate dall’Istat sull’aspettativa di vita per coloro che hanno cessato un rapporto di lavoro. In Italia la normativa al riguardo prevede, infatti, che l’età per la pensione di vecchiaia sia rapportata all’aspettativa di vita. Sembra, stando alle indicazioni fornite dall’Istituto di Statistica, che l’aspettativa di vita per gli uomini sia superiore ai 19 anni, mentre per le donne di 22 anni.

Da qui la necessità quindi di rimodulare verso l’alto l’età pensionabile, al fine di garantire per lo Stato l’erogazione dei relativi assegni. Se dunque da un punto di vista tecnico la soluzione possibile sarebbe questa, di contro in sede politica si potrebbe decidere diversamente, bloccando o introducendo in modo graduale questa rimodulazione.

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