Giappone, lavoro killer: la "morte da superlavoro" è ora causa di decesso ufficiale

In Giappone è stata ufficializzata una causa di morte che, con ogni probabilità, non verrà vista di buon occhio da molte aziende: ecco in cosa consiste la "morte da superlavoro", e perché è stata definita una piaga.

Giappone, lavoro killer: la "morte da superlavoro" è ora causa di decesso ufficiale

Il lavoro non ha mai ucciso nessuno: quante volte abbiamo sentito questa frase? Ovviamente la sua valenza è molto più metaforica che concreta, dal momento che basta citare una qualsiasi “morte bianca” per smentire questa massima in maniera inoppugnabile. Eppure, in linea di massima, in Italia viene dato per scontato che l’affaticamento da troppo lavoro non possa causare la morte di una persona.

Eppure in Giappone la questione ha generato considerazioni ben differenti, al punto che lo Stato è arrivato ad ufficializzare il lavoro come una possibile causa di morte (chiamata nella fattispecie “morte da superlavoro”). O, per meglio dire, “karoshi” in lingua giapponese.

Il karoshi altro non è che la conseguenza dello stakanovismo giapponese, retaggio di una cultura che identifica nel compiere il proprio dovere a totale sprezzo di qualsiasi fattore (famiglia, amicizie, persino la propria stessa vita) l’atto più onorevole che una persona possa compiere.

Purtroppo però una situazione di questo genere porta non di rado un essere umano allo stremo delle proprie forze sia fisiche che mentali, a tal punto da cagionarne la morte per malattia, o per suicidio causato dall’eccesso di stress.

L’inizio del fenomeno del lavoro killer è databile attorno agli anni ’60 quando, a causa di stipendi piuttosto bassi, i lavoratori dipendenti iniziarono a chiedere gli straordinari per portare più soldi in famiglia; un atteggiamento ben presto sfociato in una sorta di ossessione patologica collettiva.

Da allora la situazione è andata peggiorando attraverso i decenni, fino a richiedere la creazione di vere e proprie task force specializzate per tentare di contrastare l’insorgenza di questa esiziale abitudine. Koji Morioka, docente emerito della Kansai University di Suita (Osaka), è uno degli esperti incaricati dal Governo giapponese di trovare una soluzione a questa situazione derivante dall’eccessiva solerzia dei lavoratori, diventata oramai paradossalmente insostenibile per il Paese.

Il professor Morioka ha spiegato al Washington Post che: “In un ufficio giapponese il lavoro straordinario è come se fosse parte dell’orario di lavoro normale: nessuno lo impone per dovere, ma i lavoratori lo vivono come fosse una sorta di obbligo morale“. Al punto che lo Stato è stato obbligato a riconoscere il troppo lavoro come una vera e propria causa di morte, alla stregua dei tumori o degli incidenti stradali.

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