Le tecnologie indossabili del domani faranno parte del nostro corpo?

Secondo Hosain Rahman, Ceo di Jawbone (settore tecnologie indossabili), il wearable del domani potrebbe essere costituito da sensori iniettabili, impiantabili sotto pelle, ingoiabili in grado di "piegare" il mondo alle nostre esigenze.

Le tecnologie indossabili del domani faranno parte del nostro corpo?

Jawbone è una realtà high-tech poco nota anche se molto impegnata, sia lato software che lato hardware, nella realizzazione di tecnologie indossabili, nello specifico smartband per il monitoraggio del fitness e della qualità del nostro riposo.

In un suo intervento, tenutosi alla Code/Mobile Conference che si è svolta recentemente in California, il CEO di Jawbone, Hosain Rahman, ha spiegato che la sua azienda non è stata minimamente danneggiata dall’uscita dell’Apple Watch, o di altri smartwatch o bande intelligenti perché lui continua ad investire nello sviluppo di nuove soluzioni indossabili.

Tra queste, ve ne sono allo studio alcune che, a prim’acchito, possono sembrare decisamente radicali. Rahman, infatti, ha detto che il nostro corpo è ricchissimo di informazioni utili che non vengono utilizzate: un vero peccato. Per questo motivo occorrerebbe che i prossimi device wearable fossero dei nano sensori così piccoli che le persone potrebbero ingoiarli o iniettarseli nel flusso sanguigno (o anche impiantarseli sotto pelle).

In questo modo, le informazioni di cui sopra, potrebbero essere costantemente monitorate e comunicate all’esterno in modo da rendere davvero intelligenti ed utili le tecnologie IoT (Internet of Things) che verosimilmente ci circonderanno in un prossimo futuro.

Facciamo degli esempi pratici: abbiamo caldo, il sensore presente nel nostro sangue potrebbe comunicare la nostra temperatura al climatizzatore che imposterebbe una corretta temperatura ambientale. Abbiamo bevuto un po’ troppo? L’apposito sensore, sempre presente nel nostro corpo, rilevando il nostro tasso alcolemico, impedirebbe alla nostra auto di accendersi.

Naturalmente potrebbero essere monitorati anche altri parametri, ad esempio il colesterolo ed il glucosio, in modo da avvertire in tempo reale un’equipe medica di un concreto pericolo di problemi cardiaci o di glicemia: in questo modo, quindi, sarebbe possibile – per talune categorie di persone – tenere sempre sotto controllo il loro stato di salute.

Non finisce qui: tenendo impiantato sotto pelle un microchip con i nostri dati anagrafici, potremmo evitare di portare con noi tesserino sanitario e dati bancari e, con un chip “commerciale”, potremmo pagare i nostri acquisti contactless, semplicemente uscendo dal negozio in cui abbiamo comprato ciò che ci occorreva (e passando attraverso le classiche colonnine che, a questo punto, non servirebbero solo come anti-taccheggio).

L’unico problema, oltre a volersi rendere disponibili a diventare consapevolmente dei cyborg, consiste forse nella questione della privacy: se il nostro corpo si mettesse spontaneamente a comunicare, via sensori, tutto ciò che ci riguarda. Rimarrebbe ben poco di davvero privato e personale: si potrebbe venir schedati con una certa facilità.

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