Emilio Fede: "Meglio in carcere che alle prese con i tribunali"

Le due condanne ricevute nel giro di quattro giorni stanno mettendo a dura prova il povero Emilio che annuncia di essere terrorizzato, al centro di un clamoroso errore giudiziario.

Emilio Fede: "Meglio in carcere che alle prese con i tribunali"

Le condanne giunte per Emilio Fede stanno mettendo a dura prova il povero giornalista che, in un momento di disperazione, ha sentenziato: “Meglio in carcere che alle prese con i tribunali”. Due condanne nel giro di quattro giorni. la prima a tre anni e mezzo, per concorso in bancarotta nel crac della società di Lele Mora, la seconda a due anni e tre mesi, per i fotomontaggi atti a ricattare i vertici Mediaset per ottenere una buonuscita più sostanziosa.

L’avvocato sbraita al ricorso mentre Fede inveisce contro la giustizia milanese e non riesce a capire come sia possibile avere due condanne in quattro giorni. Occorre ricordare che, secondo i pm, avrebbe confezionato dosser fotografici per ottenere più degli 820 mila euro pattuiti. Il giornalista afferma che è tutta una montatura: “Ma le pare che possa avere messo in piedi una tentata estorsione per restare direttore del Tg4?“.

La giustizia di Milano sbaglia, la Corte ha sbagliato, il pm ha sbagliato, incalza Fede, in un delirio persecutorio preoccupante, aggiungendo che la sentenza è stata pronunciata da persone che hanno ignorato le prove, e lui ha paura oramai di queste persone: “Meglio dietro le sbarre che alle prese con questi pm. Se potessero mi condannerebbero a morte. Avrei voglia di andarmene dall’Italia.”

Una congiura contro un pover uomo, rimembranza kafkiana de “Il processo”. Emilio non dice di essere perseguitato dai giudici, ammicca in tal senso, crogiolandosi in un vittimismo insostenibile. I suoi problemi giudiziari sono iniziati da Ruby, dal bunga bunga la sua vicinanza al Cav non è stata rilevante, Berlusconi in sé, dice, non c’entra.

Sono letteralmente terrorizzato, continua a ripetere, vorrebbe stare in carcere con i tanti innocenti presenti, se affidato ai servizi sociali, è pronto a farli in galera in mezzo a gente che paga colpe non sue e a i tanti in attesa di giudizio. Un martire pronto al patibolo.

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