Per la prima volta, il Pentagono ha usato la “madre di tutte le bombe”, dopo di questa bomba – come potenza – c’è solo quella atomica.
La bomba è stata lanciata da un aereo delle forze speciali su posizioni jihadiste protette in una serie di tunnel, nella provincia di Nangahar (Afghanistan orientale).
L’ordigno, chiamato anche Moab (Massive ordnance air blast oppure “Mother of all bombs”, “madre di tutte le bombe”) ha il sapore di un messaggio rivolto anche ad altri nemici, compresi i nord coreani. Lo scopo della bomba non voleva contrastare i ribelli, ma neutralizzare posizioni protette. Lo strumento bellico affianca le “bunker buster”, ordigni che perforano gli scudi protettivi ed esplodono all’interno.
La Moab era pronta già nel 2003, fu spostata anche nel territorio iracheno durante la guerra del Golfo, ma non fu mai utilizzata. La sua potenza è devastante e per questo il suo uso è previsto solo in determinate zone, in modo da evitare effetti non desiderati. A questo proposito Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, ha confermato, che “sono state prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali“.
Il Pentagono ha pensato alla Moab proprio per le missioni che mirano a distruggere installazioni ben protette come i tunel jihadisti. Anche in passato si è pensato che gli Usa volessero ricorrere a questa bomba per distruggere gli impianti nucleari iraniani che erano ben nascosti nei fianchi della montagna o nel sottosuolo.
Così pure per la Corea del Nord, dove il regime ha realizzato diverse installazioni-bunker, piazzando nelle gallerie centinaia di pezzi d’artiglieria: una continua minaccia per Seul.
L’ipotesi possibile è che l’attacco nell’area afghana voglia essere una guerra psicologica atta a contrastare gli avversari.