Trump messo a tacere per 11 minuti su Twitter da un ex dipendente del social

È accaduto verso le 19 locali che il presidente americano non riuscisse più a twittare, per ben 11 minuti. Colpa di un hacker prezzolato, o di una gestione maldestra dell'account? No: ci ha pensato un ex dipendente di Twitter, presto diventato un "eroe".

Trump messo a tacere per 11 minuti su Twitter da un ex dipendente del social

Il presidente americano Donald Trump, sin dal giorno della sua elezione, è stato al centro di parecchie polemiche, per il suo essere politicamente scorretto e scarsamente diplomatico. Non v’è dubbio che in molti, persino nel suo stesso partito (i Repubblicani), vorrebbero poterlo mettere a tacere: ebbene, qualcuno c’è riuscito, per soli 11 minuti, ma c’è riuscito. 

Il tutto è accaduto, secondo quanto riporta anche il quotidiano “Repubblica”, nella tarda serata di ieri, quando a Washington erano le 19 circa e, in Italia, era da poco iniziato il nuovo giorno (le 1): in quel preciso istante, e per ben 11 lunghi minuti, chiunque si fosse recato su Twitter alla ricerca di “@realDonaldTrump”, l’account ufficiale usato dal Presidente americano per le sue esternazioni (o “Picconate”, alla Cossiga), seguito da circa 41.7 milioni di follower, si sarebbe imbattuto in un inaspettato messaggio d’errore col quale Twitter si scusava di averci condotto su una pagina che “non esisteva“. 

Ovviamente, di fronte all’accaduto, le prime ipotesi hanno visto chiamati in causa gli hacker, magari al soldo di qualche potenza straniera dal dente avvelenato (leggi Corea del Nord, o Iran): in seguito, si è anche pensato ad un “harakiri” digitale del Presidente, o ad una misura sanzionatoria assunta direttamente da Twitter. Niente di tutto questo.

Proprio lo staff del microblog dei 140 caratteri (poi portati a 280) ha spiegato che il blackout dell’account in questione fosse da imputare ad un errore umano, aggiungendo – dopo poco – che il tutto era accaduto a causa, ma non se ne conosce la motivazione, di un impiegato di Twitter, che avrebbe staccato il megafono digitale di Trump in quello che era il suo ultimo giorno di lavoro nel dipartimento di assistenza alla clientela. 

Inutile dire che i commenti ironici, circa 25 mila, all’indirizzo dei cinguettii di scuse di Twitter, si sono sprecati, con diversi internauti che si sono prodotti in divertenti sceneggiate nelle quali proponevano un encomio (e non certo una punizione) per l’anonimo dipendente, che – questo il suo merito – aveva fatto vivere a mezzo mondo quello che, indiscutibilmente, era stato “il più bel giorno del 2017“. 

Trump, dal canto suo, a qualche ora di distanza dal blackout del suo account, non ha commentato l’accaduto e, anzi, ha continuato a postare normalmente, concentrandosi sull’imminente taglio delle tasse che, a parer suo, dovrebbe far incavolare le lobby, sulla vicenda di James Comey (l’ex capo dell’FBI da lui esautorato dopo l’avvio del Russiagate), e su una sua probabile intervista a Fox News. Un esempio di flemma britannica, qualità che certo non gli è propria? Nient’affatto: semplicemente, “The Donald” non si era accorto dell’accaduto e, allorché ne è stato informato, è tornato in sé, definendo l’oscuro dipendente twitteriano “una canaglia”

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