Londra, parla la madre del terrorista italo-marocchino

"Pregavo perchè il terzo nome non fosse il suo". La madre del terrorista Youssef Zaghba si apre in un'intervista rilasciata a l'Espresso, raccontando tutto di lei e del figlio.

Londra, parla la madre del terrorista italo-marocchino

È Valeria Khadija Collina a rompere il silenzio parlando di suo figlio Youssef Zaghba, 22 anni, tra gli attentatori di Londra.
Quando i figli sbagliano i genitori si danno sempre qualche colpa“, ha spiegato in un’intervista rilasciata a l’Espresso, raccontando i suoi pensieri e le sue emozioni in quei tragici momenti.

Quando la televisione ha comunicato i nomi dei primi due attentatori di Londra, mostrando a tutto il mondo le foto dei loro visi, Valeria si trovava nella casa di Fagnano di Valsamoggia (Bo), e li ha riconosciuti subito. Erano gli amici di suo figlio Youssef che non sentiva dal venerdì passato, e che si era trasferito proprio a Londra per trovare lavoro.

L’amara conferma è arrivata subito dopo, quando hanno ufficializzato anche i nomi dei ragazzi, ed è in quel momento che ha iniziato a sperare che suo figlio Youssef si fosse nascosto da qualche parte per non avere problemi con la polizia, e ha raccontato delle sue preghiere perché il terzo nome non fosse proprio il suo.

Io ce l’ho messa tutta e penso che lui sia stato logorato all’interno“, continua a raccontare durante l’intervista. “Abbiamo sempre controllato le amicizie e verificato che non si affidasse a persone sbagliate. Ma aveva Internet ed è da lì che arriva tutto. Né in Italia né in Marocco, dove studiava informatica all’università di Fes, si era mai lasciato trascinare da qualcuno“.

La madre ha sempre avuto la speranza che suo figlio potesse trovare presto un buon lavoro, per impegnarsi, e smettere di pensare alla Siria come un luogo dove vivere un islam puro, così come Youssef non smetteva di ripetere. Quest’ultimo, infatti, criticava spesso anche la sorella maggiore, poiché voleva che fosse più islamica e vestisse come voleva lui, litigando di continuo con lei.

È noto come nel 2016 avesse già cercato di raggiungere la Siria prendendo un volo da Bologna per la Turchia, ma fu fermato dagli agenti della Digos al momento dell’imbarco, dopo aver trovato immagini dell’Isis nel suo cellulare. Da quel momento, scattò la denuncia a piede libero per terrorismo internazionale, venendo così inserito negli archivi di polizia e intelligence come “soggetto a rischio”: non sarà questo a fermarlo, poiché nel giro di una decina di giorni, il tribunale del Riesame ordina la restituzione di passaporto e telefono.

L’ultima volta che Valeria ha parlato con il figlio risale il giovedì prima dell’attentato, occasione in cui avevano scherzato su quello che avrebbero fatto alla conclusione del Ramadan, quando Valeria sarebbe andata a trovarlo a Londra.

La madre, con il senno di poi, ammette – durante l’intervista – di quanto si fosse resa conto che quella chiamata fosse un addio: pur non avendole detto nulla di particolare, si rese conto dalla sua voce che qualcosa non andava, a confermare anche il fatto che raramente la chiamasse, ma che preferisse inviare messaggi tramite cellulare.

Valeria, infine, ci tiene a precisare che, nonostante il suo enorme dolore per la perdita di un figlio, colpevole di un attentato in cui sono morte altre sette persone, lo condanna per ciò che ha fatto, e condivide la decisione dei 140 imam contrari al rito funebre per gli attentatori. 

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