Inizia il processo all’infanta Cristina: rischia 9 anni

Iniziato oggi a Palma di Maiorca il processo contro l'infanta Cristina, la sorella del re Felipe VI, accusata di evasione fiscale in relazione con le attività di suo marito Inaki Urdangarin, responsabile della Fondazione Noos.

Inizia il processo all’infanta Cristina: rischia 9 anni

E’ iniziato a Palma di Maiorca lo storico processo nel quale l’infanta Cristina di Borbone si è seduta nel banco degli imputati: contro di lei l’accusa di frode fiscale nell’inchiesta centrata sulle attività di suo marito, Inaki Urdangarin, ex giocatore di pallamano professionista. In una sala presieduta dal ritratto di suo fratello minore, Felipe VI, divenuto re in seguito alla abdicazione di suo padre avvenuta nel giugno del 2014, l’infanta Cristina, di 50 anni, ha ascoltato molto seriamente gli interventi degli avvocati. Erano presenti anche gli altri 17 accusati dell’ormai noto “Caso Noos”.

La seconda figlia di Juan Carlos I è accusata di due reati fiscali in relazione alla presunta malversazione di sei milioni di euro di soldi pubblici da parte di Urdangarin, responsabile della Fondazione Noos, e un ex socio di quest’ultimo, Diego Torres. Urdangarin e Torres, tra le altre cose, sono sospettati di prevaricazione, malversaione, frode, delitto fiscale, falsificazione e riciclaggio. Il pubblico ministero chiede rispettivamente 19,5 anni e 16,5 anni di carcere.

L’infanta, membro del consiglio d’amministrazione della Fondazione no-profit, ha sempre dichiarato di non essere al corrente delle attività di Urdangarin e di essersi ciecamente fidata di suo marito, dal quale ha, comunque, rifiutato di divorziare nonostante la pressione della Casa Reale, determinata a limitare i danni alla già martoriata immagine della monarchia. “I Borboni, agli squali!”, “Spagna, domani, sarà republicana”, gridavano i manifestanti davanti all’ingresso del tribunale.

La sorella del re rischia una pena di nove anni di carceere unicamente per via di un’accusa popolare. Ma in realtà potrebbe salvarsi dal giudizio, dato che la richiesta del suo avvocato del non luogo a procedere, è stata appoggiata dalla Procura e dall’Avvocatura di Stato. Quest’ultima si è pronunciata a favore dell’archiviazione dei capi d’accusa.

Lo Stato considera, pertanto, che l’infanta debba beneficiare della ‘dottrina Botin‘, un precedente inaugurato nel 2007 per il banchiere Emilio Botin, che, nei casi di evasione fiscale, prevede l’archiviazione del caso quando si pronuncia in tal senso la Procura e la parte lesa dal presunto crimine, anche se l’azione popolare sostiene l’accusa.

Continua a leggere su Fidelity News