Incastrato dallo smartband il vero omicida di una giovane donna USA

Di solito, si pensa ai wearable esclusivamente come a gadget per il miglioramento dello stato di salute. Tuttavia, una vicenda giunta dagli USA testimonia che è possibile utilizzare gli indossabili anche per incastrare il vero responsabile di un omicidio.

Incastrato dallo smartband il vero omicida di una giovane donna USA

Di solito, si parla dei device wearable, come gli smartband, per elogiarne le funzionalità utili a tener traccia dei propri esercizi, ed il modo in cui aiutano a migliorare la qualità della salute. La storia giunta nei giorni scorsi dagli States, però, dimostra che un indossabile Fitbit può essere utilizzato anche come “testimone” per smascherare il vero autore di un omicidio.

La vicenda di cui vi raccontiamo – resa nota in questi giorni dai media USA – è avvenuta il 23 Dicembre del 2015, nella cittadina di Ellington, nella contea di Tolland, Connecticut, ed ha per protagonista Richard Dabate, un professionista di 40 anni che – proprio quel giorno – ha subito l’omicidio della moglieConnie, di 39 anni: alle forze dell’ordine, l’uomo raccontò una storia piuttosto avventurosa, secondo la quale l’amata consorte, alla cui memoria dedicò anche un commovente post su Facebook, era stata uccisa a causa di una rapina in casa

Nella circostanza, Richard spiegò – a mo’ di alibi – che, proprio mentre a casa suonava un allarme (notificatogli sullo smartphone), lui era in giro per accompagnare i figlioletti a scuola. Precipitatosi presso il suo domicilio, trovò ad attenderlo un uomo, armato di tutto punto, alto 1.80, dal volto coperto e con la voce profonda come quella dell’attore Vin Diesel. Il rapinatore minacciò lui, e la moglie, qualora non gli fossero stati consegnati tutti i preziosi di casa, compreso il PIN della banca: di fronte ad un suo tentativo di reazione, il criminale avrebbe esploso dei colpi di arma da fuoco che ebbero l’effetto di stordirlo a terra, e di colpire la moglie, che – di fatti – venne trovata morta al sopraggiungere delle forze dell’ordine.

Queste ultime, invero, non credettero alla storia di Richard, dacché i bossoli rinvenuti nella moglie appartenevano ad un tipo di pistola che l’uomo aveva comprato solo pochi mesi prima: inoltre, si venne a sapere che, da 7 anni, aveva un amante – al momento – incinta di 7 mesi. L’uomo, messo alle strette, trovò una scusa per ambedue le circostanze (es. che l’amante faceva da madre surrogata per un altro figlio che intendeva dare alla moglie). 

Tuttavia, dopo 2 anni di indagini serrate, si è scoperto che l’alibi dell’uomo non reggeva. A testimoniare, il procuratore distrettuale Craig Stedman ha chiamato nientedimeno che il Fitbit, ovvero lo smartband che la moglie aveva indossato la stessa mattina della sua morte, allorché si era recata in palestra per la consueta lezione di spinning: consultando i dati del wearable, si venne a sapere che la donna era ancora attiva, e viva, alle 10.05 (circostanza confermata dalle telecamere della palestra) laddove l’uomo ne attribuiva l’omicidio alle ore 9

Alla fine, la verità è emersa in tutto il suo squallore. L’uomo voleva rifarsi una vita con l’amante, appunto incita di un suo figlio, e – per tale scopo – aveva già prelevato 93.000 dollari da un fondo d’investimento della coniuge. Poi, forse scoperto, ha pensato di far quadrare il cerchio, ed incassare la corposa assicurazione sulla vita della donna, pari a 475.000 dollari, mettendo in scena la finta rapina nel corso della quale si sarebbe liberato dell’ingombrante, povera, Connie. Ad oggi, Richard – in attesa del processo (che inizierà il 28 Aprile) – è libero, dietro il pagamento di una cauzione di ben 1 milione di dollari. 

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