Il governatore catalano è scappato in Belgio per ottenere l’asilo politico

Dopo una notte di silenzio, l'ex governatore catalano Puigdemont - scappato in Belgio per ottenere asilo politico - ha dichiarato alla stampa di essere a Bruxelles per porre all'attenzione delle istituzioni europee la difficile situazione in Catalogna.

Il governatore catalano è scappato in Belgio per ottenere l’asilo politico

Il 1° Ottobre si è celebrato il referendum catalano sull’indipendenza, il cui esito – quasi due settimane dopo – ha portato alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza da parte delle autorità della regione autonoma spagnola: la reazione del governo centrale non si è fatta attendere. Il premier spagnolo Rajoy, non più di qualche giorno fa, ha promesso che avrebbe restaurato la legalità e, a seguito dei primi pronunciamenti della giustizia, il governatore catalano Charles Puigdemont è scappato all’estero.

La notizia, che ha sorpreso persino i giornali catalani, è emersa nella tarda serata di ieri: dopo un tweet in cui chiedeva al suo popolo di impegnarsi in una “resistenza democratica”, il governatore catalano si è messo in auto, ed ha viaggiato sino a Marsiglia, in Francia, da cui – assieme a diversi ministri del suo governo – ha preso un aereo per raggiungere il Belgio, su invito di Theo Francken, il locale ministro per le politiche di asilo e migrazione, nonché oltranzista fiammingo.

Ad inseguirlo, la giustizia spagnola che, nelle ore precedenti, aveva fatto le sue prime richieste. Il procuratore generale, José Manuel Maza, davanti alla corte dell’Audiencia Nacional di Madrid, ha accusato il deposto Puigdemont ed i suoi ministri di malversazione, sedizione, e ribellione e, al cospetto del Tribunal Supremo, ha imputato alla presidente del Parliament catalano, Carme Forcadell, ed alla capogruppo che concesse l’ordine del giorno sulla dichiarazione d’indipendenza, i reati di sedizione e ribellione.

Non vi è stata la richiesta immediata di arresto, ma di presentarsi a testimoniare in propria difesa, circostanza in assenza della quale sarebbe scattato l’arresto immediato, con condanne che vanno dai 15 ai 30 anni di carcere.

Ecco, quindi, che in attesa di entrare nel merito delle accuse mossegli dalla giustizia spagnola, Puigdemont – su consiglio dei suoi avvocati – è volato nel paese europeo più garantista quando si parla di estradizioni, il Belgio: peccato che il premier locale, Charles Michel, abbia dichiarato – con vivo imbarazzo – che l’asilo politico del governatore catalano non sia all’ordine del giorno, e che il partito nazionalista fiammingo, N-Va (principale forza di supporto al governo belga, dopo le consultazioni del 2014), abbia detto che la presenza del leader catalano a Bruxelles di certo non dipende da un loro invito.

Sondato l’aria che tira, Puigdemont – verso mezzogiorno – ha tenuto una conferenza stampa, nel Press Club di rue Froissart (il quartiere diplomatico di Bruxelles) e ha spiegato (in castigliano, catalano, inglese, e francese) che lui non è arrivato in Belgio per chiedere asilo politico ma, in qualità di libero cittadino europeo, per porre la questione catalana all’attenzione delle istituzioni europee, posto che in Spagna è difficile ottenere un processo equo da una “giustizia che persegue le idee, più che i crimini ed i delitti“.

Inoltre, l’occasione è stata sfruttata anche per una frecciatina al nemico Rajoy, in merito alle elezioni convocate in Catalogna per il 21 Dicembre: Puigdemont, infatti, si è detto pronto ad accettare qualsiasi esito diano le urne. Madrid farà lo stesso?

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