Stop ai contratti a tempo determinato: disgrazia per i lavoratori

La fine dei contratti a tempo determinato è stato un danno sia per i lavoratori, che per lo Stato. La riforma voluta da Renzi contenuta nel Jobs Act ha infatti agevolato gli evasori e penalizzato i dipendenti.

Stop ai contratti a tempo determinato: disgrazia per i lavoratori

La fine dei contratti a tempo determinato doveva rappresentare l’inizio di una nuova era per i lavoratori dipendenti italiani, ma a conti fatti le premesse iniziali non sono state rispettate, e la loro cancellazione è diventata esattamente ciò che aveva giurato di combattere: evasione fiscale ed oppressione dei lavoratori.

Nelle intenzioni – quantomeno in quelle manifeste – di Matteo Renzi, eliminare i contratti a tempo determinato avrebbe dovuto garantire maggiori assunzioni a tempo determinato, ed in parte è stato così. Ma per tutti coloro che non sono stati sufficientemente fortunati a riuscire a strappare l’agognato “indeterminato”?

La risposta fa rabbrividire chi è abituato ad ascoltarla, e si traduce in una sola parola: voucher. I voucher sono infatti la vera anomalia di questo punto del Jobs Act, poiché si sono di fatto sostituiti ai vecchi contratti a tempo determinato, diventandone però una rielaborazione ancora più svantaggiosa per Stato e lavoratori.

Stando alle statistiche del 2015, soltanto l’anno scorso sono stati venduti 114.921.574 buoni lavoro, che l’Inps ha quantificato in circa 57.000 “unità di lavoro equivalenti“. Ciò significa, detto in maniera semplifice e comprensibile, che 57.000 lavori dipendenti a tempo pieno in Italia sono letteralmente pagati a buoni pasto dai rispettivi datori. E questi numeri nel 2016 sembrano destinati ad incrementare esponenzialmente, secondo le proiezioni.

Un dato significativo di questa condizione, è il calo del 2% delle retribuzioni dei neoassunti rispetto al 2014, ma non basta: gli imprenditori di tutta Italia hanno potuto godere di una salubre passeggiata tra sgravi fiscali, come confermano i dati sui rapporti di lavoro presentati dall’Osservatorio dell’Inps. In sintesi, la “riforma dei lavoratori” è finita col diventare la riforma delle aziende.

Un dato significativo di questa condizione, è il calo del 2% delle retribuzioni dei neoassunti rispetto al 2014, ma non basta: gli imprenditori di tutta Italia hanno potuto godere di una salubre passeggiata tra sgravi fiscali, come confermano i dati sui rapporti di lavoro presentati dall’Osservatorio dell’Inps.

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