La ricerca di un accordo con l’Unione Europea sulla nuova Manovra non ha ancora prodotto un risultato definitivo, ma l’ultima versione messa sul tavolo dall’Italia per tranquillizzare i tecnici in merito alla tenuta dei conti ha prodotto inevitabilmente alcuni aggiornamenti in merito alle proposte di riforma.
È chiaro che la ricerca di un compromesso non è stata semplice, stante che da un lato sembra esaurito lo spazio utile per effettuare nuovi tagli, mentre dall’altro lato vi è il rischio di rendere inefficaci i nuovi provvedimenti di welfare.
Manovra 2019: cosa cambia
Partiamo dalle nuove uscite anticipate tramite la quota 100, che dovrebbero realizzarsi a partire dai 62 anni di età e dai 38 anni di contribuzione. Nell’ultima versione il costo della misura scende dai 7 miliardi di euro previsti inizialmente ai 4-5 miliardi attuali. Per centrare l’obiettivo, oltre all’aggiunta di vincoli anagrafici e contributivi (che nelle ipotesi iniziali non risultavano presenti) si è deciso di avviare l’opzione solo in senso sperimentale per il prossimo triennio (quindi dal 2019 al 2021).
In aggiunta, saranno previste anche delle finestre mobili trimestrali per i privati, che potranno raggiungere i nove mesi per i lavoratori del settore pubblico (poiché chiamati ad un preavviso semestrale). Sarà inoltre vietato cumulare l’assegno pensionistico con eventuali redditi da lavoro, eccetto che per l’attività occasionale entro i 5mila euro annui.
Per il reddito di cittadinanza era inizialmente previsto uno stanziamento di circa 10 miliardi di euro, che nella versione originaria doveva consentire la tutela di circa 5 milioni di persone per un assegno mensile di 780 euro al mese. L’ultima versione prevede invece di ridurre le coperture a 7,5 miliardi, avvicinando progressivamente il funzionamento dell’opzione al Reddito di Inclusione (Rei) attualmente esistente. La platea potrebbe ridursi di circa 500mila persone tramite l’applicazione di un ISEE massimo a 9360 euro.
Infine, per l’avvio della flat tax erano previsti circa 15 miliardi di euro, con un’applicazione che inizialmente doveva coinvolgere anche le famiglie. Il provvedimento è stato invece reindirizzato per il prossimo anno alle partite Iva, mentre l’estensione ai privati risulta rimandata al 2020. In questo modo è stato però possibile limitarne fortemente il costo.