Pensioni: ecco perché senza novità o correttivi dal 2019 serviranno fino a 71 anni

L'intervento di flessibilizzazione delle pensioni è molto atteso perché i nuovi criteri di adeguamento all'aspettativa di vita prevedono ulteriori incrementi ai requisiti Inps dal 2019.

Pensioni: ecco perché senza novità o correttivi dal 2019 serviranno fino a 71 anni

Non è un caso se i lavoratori osservano con attenzione l’evoluzione del dibattito riguardante la flessibilità previdenziale. I nuovi meccanismi di flessibilizzazione dei criteri di uscita non servono infatti solamente a contenere l’attuale rigidità del sistema pensionistico, ma anche a neutralizzare le prospettive di nuovi rincari che si realizzeranno a partire dal prossimo anno.

Alla base del futuro incremento c’è infatti il meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita, che l’Inps ha già certificato in avvio a partire dal primo gennaio 2019 attraverso la circolare numero 62 del 2018. Nella pratica, verranno aggiornati al rialzo tutti i principali requisiti di uscita dal lavoro, con un aggravio ulteriore di cinque mensilità rispetto a quanto non avviene nell’anno in corso.

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Stante la situazione appena descritta, a partire dal prossimo anno chi vorrà usufruire della pensione anticipata (basata esclusivamente sull’anzianità contributiva e senza ulteriori vincoli anagrafici) dovrà maturare alle regole attuali almeno 43 anni e 3 mesi di versamenti (la stessa opzione richiederà però un anno in meno per le donne). Attualmente bastano invece 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne), mentre chi rientra nell’agevolazione destinata ai lavoratori precoci può ottenere l’uscita a partire dai 41 anni di contribuzione.

Non sembra andare meglio per chi non riuscirà a centrare nell’anno in corso la maturazione dei requisiti della pensione di vecchiaia. In questo caso nel 2019 sarà necessario aver accumulato almeno 67 anni di età e 20 anni di contribuzione per chi è inserito nel sistema misto.

Chi invece rientra nel contributivo puro dovrà attendere i 71 anni (con almeno 5 anni di versamenti), oppure optare per l’uscita anticipata a 64 anni ma con 20 anni di versamenti (anziché a 63 anni e 7 mesi). Insomma, la necessità di nuove opzioni di flessibilità in grado di svincolare i lavoratori dagli attuali e dai futuri criteri di quiescenza appare quanto mai necessaria.

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