Pensioni a rischio per i giovani precari: situazione futura esplosiva

Mentre si discutono la nuova pensione anticipata tramite la quota 100 ed il reddito di cittadinanza vi sono prospettive cupe per i giovani che si trovano a lavorare come precari nel contributivo puro.

Pensioni a rischio per i giovani precari: situazione futura esplosiva

Sul comparto previdenziale si continua a discutere di flessibilità previdenziale e di quota 100, ma dai sindacati si mette in evidenza anche la difficile situazione dei giovani lavoratori precari, che una pensione sufficiente a garantirsi un adeguato tenore di vita potrebbero non raggiungerla mai. È l’effetto combinato di una carriera lavorativa discontinua e di stipendi bassi, assieme al nuovo meccanismo di calcolo contributivo che non prevede integrazioni al minimo.

Questi lavoratori rischiano così di restare esclusi dalle tutele del pensionamento anche una volta raggiunti i 70 anni di età, visto che non matureranno l’assegno o ne matureranno uno troppo basso per potersi mettere a riposo. Una situazione che rischia di diventare una vera e propria bomba sociale e rispetto alla quale il Paese appare al momento impreparato.

Pensioni dei giovani: ecco i settori a maggiore rischio “miraggio”

Stante la situazione appena descritta, a risultare particolarmente a rischio sono alcune specifiche categorie di lavoratori. Si tratta, ad esempio, di coloro che effettuano attività di pulizia, dei lavoratori nella ristorazione, nella manutenzione edile e nell’assistenza ai disabili. Chi svolge questo genere di impiego avendo iniziato a partire dal primo gennaio 1996 potrebbe trovarsi a fare i conti con un assegno del tutto insufficiente.

Purtroppo questi settori sembrano rappresentare solo l’avanguardia di un fenomeno destinato a divenire generalizzato qualora non vi siano nuovi interventi finalizzati a rimediare alla situazione. Un’evidenza che emerge proprio osservando le condizioni di lavoro attuali dei giovani. Solo un quarto di chi ha un impiego da vent’anni può infatti vantare versamenti pieni, mentre quasi la metà di chi ha iniziato a lavorare con il sistema contributivo puro ha percepito uno stipendio lordo annuo al di sotto dei 12mila euro per almeno tre anni su dieci.

È chiaro che situazioni come queste avranno un impatto importante sui futuri assegni, ponendo seri interrogativi sulla tenuta sociale del Paese quando arriverà il momento della quiescenza per le persone che rientrano nei casi appena descritti.

Continua a leggere su Fidelity News