Moka Bialetti giunta a fine corsa? Bilancio in rosso, ma non è detta l’ultima parola

Alfonso Bialetti impara in Francia l'arte del fondere l'alluminio, deve alla moglie l'intuizione della moka. La Bialetti per anni regina in tutte le case con al sua moka, rischia di chiudere.

Moka Bialetti giunta a fine corsa? Bilancio in rosso, ma non è detta l’ultima parola

La Moka Express Bialetti nasce nel 1933 grazie ad Alfonso Bialetti che, osservando la moglie mentre fa il bucato, pensa di applicare lo stesso sistema per fare il caffè. 

Bialetti da giovane ha lavorato in una fonderia di alluminio in Francia, fino al 1918, rientrato in Italia, a Crusinallo di Omegna, sul lago d’Orta, forte di questa esperienza ha avviato una sua attività.

Com’è nata la moka

La moglie di Bialetti stava utilizzando la “lisciveuse” per lavare i panni, si trattava di un’enorme pentola con un tubo cavo nel mezzo, forato nella parte superiore. Nel pentolone veniva messa l’acqua, il bucato e il detersivo, chiamato liscivia. L’acqua in ebollizione saliva lungo il tubo, quindi scendeva sul bucato carica di lisciva capace di impregnare tutto il bucato. Di qui l’idea della caffettiera tanto che, anche se in scala ridotta, la “lisciveuse” somiglia alla moka che noi utilizziamo oggi.

L’idea di Alfonso Bialetti avrebbe trovato la sua fortuna grazie a quanto imparato in Francia nella fabbrica dell’alluminio, metallo leggero, luccicante e resistente. Si utilizzava, a quel tempo per costruire aerei resistenti e veloci, forti e incorruttibili grazie alle caratteristiche del metallo. L’alluminio inoltre fa sì che si formino dei depositi capaci di migliorare il gusto del caffè a mano a mano che si utilizza la moka.

La caffettiera a base ottagonale viene prodotta per la prima volta nel 1933. Al tempo in cui il caffè si beveva solo al bar, lo slogan che promuove la moka “che fa l’espresso come al bar“, fa sì che la Moka Bialetti entri nelle famiglie borghesi e presto in tutte le altre case. Da questo momento il caffè è una bevanda che si può preparare in casa e a qualsiasi ora del giorno, senza differenza rispetto al caffè che si può bere al bar.

Dal 1936 al 1940, Alfonso Bialetti produce circa 10 mila caffettiere artigianali l’anno, che poi va a vendere personalmente nei mercati. Dopo la Seconda guerra mondiale, la produzione arriverà a 4milioni l’anno, grazie al figlio Renato che tornato dalla prigionia in Germania, rimette in funzione la fabbrica del padre. Si dice che lo stabilimento di Crusinallo, dal 2010 non più in funzione, abbia prodotto circa 300 milioni di pezzi. L’omino con i baffi, simbolo della marca Bialetti, l’ha pensato Renato, immaginando il padre che alza il dito, così come si fa al bar per chiedere un espresso.

In questi anni sono entrate nelle case le macchinette del caffe automatizzate e la Bialetti ne ha risentito. Il 26 ottobre 2018, nonostante il tentativo di coprire altri mercati, la società di revisione KPMG ha preferito “astenersi ad esprimere un giudizio sul bilancio consolidato semestrale abbreviato al 30 giugno 2018 per ‘dubbi circa la continuità aziendale della società’ gravata da più di 40,59 milioni di debiti” si legge in ilsole24ore.com.
Tutto ora è in mano al tribunale di Brescia che il 4 novembre si esprimerà sull’accordo di ristrutturazione dei debiti che l’azienda ha presentato l’11 ottobre.

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