Vicenda Eitan, la nonna materna si sfoga

Seconda udienza presso il Tribunale di Tel Aviv per decidere sulla restituzione del bambino richiesta dalla zia paterna in base alla Convenzione dell'Aja

Vicenda Eitan, la nonna materna si sfoga

Ieri, nella vicenda di Eitan, il bimbo di sei anni unico sopravvissuto della tragedia del Mottarone e conteso da due famiglie, la protagonista è stata la nonna materna Ester Coen Peleg che non è stata fatta entrare nell’aula dove si teneva l’udienza a porte chiuse. La giudice, Iris Ilotovich Segal, così ha disposto e in aula sono stati ammessi solo la zia paterna Aya Biran e il nonno materno Shmuel Peleg.

È successo anche in Italia nel momento in cui io ero a lutto per mia figlia e non mi hanno dato possibilità di esprimermi” si è sfogata con i giornalisti la donna che è indagata insieme all’ex marito dalla Procura di Pavia per il sequestro del bambino. “L’Italia è responsabile della morte di mio padre, mia figlia e mio nipote. Cosa mi è rimasto, capite? Non possono prendere anche Eitan. Io sono la nonna”.

Ester Coen Peleg se l’è presa anche con uno degli avvocati di controparte: “Io sono la nonna, siamo una famiglia in lutto. Abbiamo perso tre generazioni e adesso voi state distruggendo l’immagine anche di mia figlia”.

L’udienza proseguirà anche la sera del sabato e la domenica mattina. La giudice dovrà stabilire se la convenzione dell’Aja sulla sottrazione dei minori, che sia l’Italia che lo stato d’Israele hanno sottoscritto, è applicabile nel caso di Eitan. La via giudiziaria eras tata intrapresa dalla zia paterna Aya Biran alla quale la magistratura italiana aveva affidato il bambino e che si è rivolta al tribunale di Tel Aviv dopo che le era stato sottratto e portato in Israele dal nonno materno Shmuel Peleg.

Peleg disse che lo aveva fatto per il bene del bambino e che non c’era altra soluzione perché “aveva perso la fiducia nella magistratura italiana”.

La prima udienza si era tenuta lo scorso 23 settembre e in quella sede il magistrato, con l’assenso di entrambe le parti, aveva favorito una intesa temporanea in base alla quale Eitan avrebbe passato tre giorni la settimana con la zia Aya e tre col nonno Shmuel Peleg. L’accordo aveva lo scopo di mantenere “la privacy del bambino, che in questo momento ha bisogno di tranquillità e di sicurezza e per tutelare la sua integrità”.

Come detto, il procedimento in corso a Tel Aviv non ha lo scopo di stabilire a chi spetti la tutela del minore, ma solamente di decidere sulla questione della restituzione del bambino sollevata dalla zia paterna sulla base della convenzione dell’Aja. La richiesta al giudice dei legali di Aya Biran è quella di disporre il rientro immediato di Eitan in Italia.

Secondo quanto è trapelato dell’udienza che, come si è detto, si è svolta a porte chiuse, sarebbero stati sentiti via web, anche alcuni esperti in Italia. 

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