Russia, ancora omofobia: omosessuale ucciso a coltellate

In Russia, uno dei Paesi più afflitti dall'omofobia d'Europa, il cadavere di un trentottenne è stato rinvenuto nei pressi di Vsevolojsk. L'uomo è stato ucciso perché gay da due ragazzi di 20 e 21 anni

Russia, ancora omofobia: omosessuale ucciso a coltellate

L’allarme omofobia in Russia sta diventando sempre più preoccupante. La faccenda era esplosa nel corso delle Olimpiadi di Sochi, svoltesi l’anno scorso nell’omonima cittadina sulle rive del Mar Nero, scatenando un enorme battage mediatico a causa delle dichiarazioni omofobe del Presidente Putin, e di alcuni atleti appartenenti alla federazione russa. “Potete stare calmi e tranquilli, ma lasciate stare i bambini”. Questo il monito lanciato allora dal Primo Ministro russo, una dichiarazione pesantissima, che implicitava l’arbitraria correlazione tra omosessualità e pedofilia. La stessa Yelena Isinbayeva, campionessa russa di salto con l’asta, aveva rincarato la dose: “Siamo gente normale: i ragazzi vivono con le donne e le ragazze con gli uomini”. Tradotto: “I gay sono anormali, ma noi russi, in quanto eterosessuali, siamo normali”. All’epoca era stata stimata la presenza in territorio russo di ben 445 gruppi anti-gay riconosciuti, con più di 200.000 seguaci militanti che si occupavano di rintracciare, minacciare e sottoporre a violenti pestaggi chiunque fosse tacciato di omosessualità.

Delirante è stata ad esempio la dichiarazione rilasciata poco prima delle Olimpiadi da Andrey Ivanov, originario di Kurgan, appartenente ad una di queste associazioni che si prefissavano (e si prefissano tuttora) di promuovere il culto dell’omofobia all’interno del Paese: “Li annienterei tutti. Quegli inetti e dementi senza coraggio non sono uomini. Quando coi miei amici li vediamo volano ceffoni, li prendiamo a calci e gli sputiamo addosso. Di tanto in tanto gli uriniamo anche in testa, per depurarli dalla loro malattia”. Putin aveva inoltre promosso una legge che vietava la propaganda a favore dei gay nel 2013. Ora le Olimpiadi sono terminate, gli occhi del mondo si sono spostati sulla questione Ucraina, ma l’omofobia in Russia continua ad essere un problema serio.

L’ultima vittima della violenta repressione operata dai russi contro gli omosessuali è un uomo di 38 anni, ammazzato alle porte di San Pietroburgo da due ragazzi di 20 e 21 anni, proprio perché gay. I due assassini avrebbero poi tentato di giustificarsi adducendo l’ipotesi di molestie da parte della vittima nei loro confronti. Forse l’uomo aveva fatto un avance nei confronti di uno dei due, un tentativo d’approccio che gli è costato caro: 26 coltellate sparse in tutto il corpo, un omicidio incredibilmente brutale, in seguito al quale i due killer si sono sbarazzati del cadavere abbandonandolo in una regione di Vsevolojsk. Gli inquirenti hanno appurato che gli assassini erano reduci da una nottata passata a festeggiare con ingenti quantità di alcool.

Anche se la questione dell’omofobia è passata fisiologicamente in secondo piano rispetto alle crisi internazionali per le quali la Russia è oggi nell’occhio del ciclone, questa piaga è ancora ben radicata nella mentalità collettiva del Paese. Basti pensare che fino al 1993 l’omosessualità era illegale in Russia, ed è stata disconosciuta come malattia mentale solo nel 1999. Lo stesso Human Rights Watch (l’Osservatorio per i Diritti Umani) ha denunciato che l’omofobia in Russia viene non solo tollerata, bensì incoraggiata dalle stesse autorità, e che gli atti di violenza a sfondo omofobo vengono spesso giustificati da queste ultime. Dal 2013 inoltre è ancora in vigore la controversa legge che vieta la propaganda gay, e le statistiche dimostrano che le denunce di aggressioni e violenze contro gay e lesbiche, nel Paese di Putin, sono tristemente all’ordine del giorno.

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