Rivelazioni shock sull’omicidio della figlia del boss: "Uccisa con l’aiuto del padre perché aveva l’amante"

Emergono rivelazioni scioccanti sull'omicidio di Lia Pipitone, figlia del boss dell'Acquasanta uccisa nel 1983: fu il padre ad ordinare il suo assassinio perché si rifiutava di lasciare l'amante.

Rivelazioni shock sull’omicidio della figlia del boss: "Uccisa con l’aiuto del padre perché aveva l’amante"

Lia Pipitone fu uccisa dal padre perché si rifiutava di lasciare l’amante: sono queste le scottanti rivelazioni di Francesco Di Carlo, pentito collaboratore di giustizia, in relazione all’assassinio della figlia del boss dell’Acquasanta, avvenuto 23 settembre 1983. Per oltre trent’anni ha retto il castello di bugie costruito dai mafiosi, che sostenevano che la donna fosse stata vittima di una rapina finita male.

Ma negli ultimi giorni le dichiarazioni del pentito Di Carlo hanno completamente ribaltato lo scenario, mettendo sotto i riflettori una realtà agghiacciante. Aveva solo 24 anni Lia, quando venne raggiunta dai colpi d’arma da fuoco dei suoi killer, esplosi mentre si trovava all’interno di una cabina telefonica sul luogo di quella che sembrava essere una rapina.

Il primo processo per l’omicidio della donna si concluse con l’assoluzione del padre della giovane, ma ora lo scenario è diametralmente cambiato. “Mio fratello mi ha riferito che il padre di Lia, dinnanzi alla resistenza della figlia a cessare una relazione extraconiugale, aveva deciso di punirla” ha confessato di Carlo, raccontando che si trattò di un agguato della mafia studiato a tavolino appositamente per uccidere Lia.

Il boss di Cosa Nostra non poteva infatti tollerare che sua figlia “arrecasse disonore” alla famiglia, intrattenendo una relazione clandestina. Così quando il campocomandamento di Resuttana Ciccio Madonia convocò Nino Pipitone, il padre di Lia, per discutere della questione, quest’ultimo approvò l’uccisione della 24enne.

Madonia “Volle risolvere il problema eliminando la figlia” di Nino, ha infatti spiegato il collaboratore di giustizia agli inquirenti, ed il genitore non si oppose condividendo la stessa linea di pensiero. Di compiere materialmente l’assassinio venne incaricato Vincenzo Galatolo, all’epoca responsabile della famiglia.

La stessa messinscena della rapina, ha continuato Di Carlo, fu fallace e grottesca perché Lia Pipitone non rappresentava alcun intralcio per i rapinatori, trovandosi per l’appunto all’interno di una cabina telefonica. Inoltre, cosa forse ancora più rilevante, non fu messa in atto alcuna vendetta nei confronti dei responsabili, i quali non vennero neppure cercati dai mafiosi.

Era alquanto improbabile infatti che un uomo con una posizione di vertice nell’organizzazione di Cosa Nostra accettasse un affronto come l’uccisione di una figlia, senza far nulla per tentare di stanare i colpevoli; a meno che, come suggerì la stessa Procura, non fosse anch’egli complice dell’omicidio.

Ora Vincenzo Galatolo e Nino Madonia sono finiti a processo per il delitto, ed il procedimento penale – che vedrà coinvolti il marito ed il figlio di Lea in qualità di parte civile – avrà inizio il prossimo ottobre.

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