Mafia, Totò Riina potrebbe presto tornare in libertà

La Cassazione ha accolto l'istanza dei difensori del boss mafioso, rimandando al giudice di sorveglianza del Tribunale di Bologna la decisione sulla concessione di benefici penitenziari, in considerazioni dell'età e delle sue gravi condizioni di salute.

Mafia, Totò Riina potrebbe presto tornare in libertà

Il boss dei boss Totò Riina potrebbe uscire dal carcere e tornare in libertà, questo è ciò che è stato chiesto dai difensori del capo dei corleonesi – autore e mandante di numerosi omicidi – che hanno visto accogliere dalla sezione penale della Corte di Cassazione, l’istanza di riesame della decisione del giudice di Soveglianza di Bologna, che ora dovrà rivalutare la sua decisione alla luce delle nuove indicazioni.

E’ diritto di ogni uomo morire in modo dignitoso, questo è in sintesi il principio cardine a cui hanno fatto riferimento i giudici cassazionisti, che hanno quindi rimandato nuovamente al giudice di sorveglianza di Bologna – che inizialmente aveva negato benefici penitenziari al boss – la decisione se, in considerazione degli 86 anni del boss e del suo molto compromesso stato di salute, sia possibile o una remissione della pena oppure che possa passare il resto dei suoi giorni – pochi – ai domiciliari.

Inutile dire che la notizia ha fatto scatenare la polemica e creare subito due fronti opposti tra chi fa appello all’umanità, al perdono, al diritto che ogni uomo dovrebbe avere di poter morire in modo dignitoso e chi, invece, ricorda uno per uno gli uomini uccisi barbaramente e senza dignità dal capo dei Corleonesi.

Una decisione non facile quella a cui sarà chiamato il giudice del Tribunale di Bologna, che potrebbe scatenare una vera e propria reazione popolare, in considerazione dei 16 omicidi eccellenti commissionati dal boss mafioso.

Tra questi omicidi, ricordiamo quello della strage di Capaci – dove morirono oltre al giudice Giovanni Falcone, anche la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta -, la strage di via d’Amelio a Palermo – che causò la morte del giudice Paolo Borsellino e degli agenti di scorta – così come quella del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, barbaramente trucidato dai colpi di un killer insieme alla moglie Manuela Setti Carraro.
Anche loro avevano diritto ad una morte dignitosa, ma non gli è stato garantito.

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