Incendio nella baraccopoli alle porte di Foggia

A due giorni dell'inizio dello sgombero della (da tempo) discussa baraccopoli foggiana, ieri è scoppiato un incendio, che non sembra al momento doloso - benché ogni ipotesi sia al vaglio - e che ha portato alla morte di due immigrati

Incendio nella baraccopoli alle porte di Foggia

A seguito di presunte infiltrazioni della criminalità, nel 2016, si è avviata un’inchiesta che ha portato allo sgombero, a partire dal primo giorno di marzo di quest’ anno, della baraccopoli foggiana, un non luogo che di fatto esiste dal 1981, e che ha avuto tante traversie tipiche di un vero e proprio ghetto

Lo sgombero è stato, in realtà, parziale, perché molti occupanti lo hanno rifiutato, opponendosi e manifestando sotto la prefettura, fino a dormire a ridosso del campo, sperando di prendere nuovamente possesso delle loro case. 

Poi, durante la notte, all’improvviso e velocemente, si sono sviluppate le fiamme, avvolgendo in pochi minuti tutte le baracche fatte di cartone, legno, e plastica. Molte bombole di gas, usate dai migranti per scaldarsi e cucinare, sono saltate in aria, e hanno contribuito a rendere ancora più pericolosa la situazione. Sono morti due ragazzi trentenni del Mali e, ora, si lavora per la messa in sicurezza e l’accertamento delle cause. Intanto, la procura ha avviato un’indagine per incendio colposo, e omicidio colposo plurimo, a carico di ignoti.

Un posto dimenticato in cui non è la prima volta che accadono episodi simili. Negli anni, erano già scoppiati diversi roghi, e un anno fa un incendio aveva quasi distrutto l’intero complesso di baracche, fortunatamente senza morti né feriti.

L’episodio riapre una serie di discorsi politici ma, soprattutto umani, legati in primis alla dignità di tutte le persone, tant’è che la segreteria provinciale della Cgil di Foggia, esprimendo il proprio cordoglio, ha richiesto per tutti i lavoratori – oggi lì ospitati – un’accoglienza dignitosa.

Tra le varie voci che cavalcano un po’ l’onda del populismo, l’unica che merita una riflessione è probabilmente quella di don Andrea Pupilla, direttore della Caritas diocesana di San Severo, che afferma: “il loro bisogno più grande è il lavoro e, lì, stanno tutti insieme, lo trovano tramite i caporali. Ma questa è una sconfitta per tutti, perché vuol dire che i caporali sono capaci di dare più lavoro rispetto alla società“.

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