Le contraddizioni della Sicilia, purtroppo, molto spesso hanno a che fare con la mafia. Se, poi, alcuni episodi spiacevoli avvengono nella città di Peppino Impastato, allora questi episodi generano una vera e propria ondata di polemiche nell’opinione pubblica. I fatti dicono questo: a Cinisi, il paese in provincia di Palermo conosciuto in tutta Italia per essere stato teatro della barbara uccisione di Peppino Impastato nel 1978, si sono tenuti in pompa magna i festeggiamenti per i 100 anni di un boss della mafia.
Il nome del centenario è Procopio Di Maggio, ed è l’unico padrino della ‘cupola’ di Totò Riina rimasto tuttora in libertà. Il 6 gennaio, giorno in cui si sono tenuti i festeggiamenti, l’uomo ha dispensato sorrisi e stretto decine di mani, in quello che rappresenta per lui un traguardo a cui pochi riescono ad arrivare.
Don Procopio, così lo chiamano a Cinisi, sembra in effetti davvero avere sette vite, proprio come i gatti. Nonostante un figlio ucciso ed un altro ergastolano, l’arzillo vecchietto sembra non aver perso lo smalto dei ‘giorni migliori’, e dispensa saluti e abbracci con gioia ed entusiasmo davanti alla sua palazzina situata in Piazza Martin Teresa, vicino al Municipio della città. E proprio in tanti, in effetti, hanno fatto le loro ossequie al capomafia, che ha organizzato una grande cena con amici e parenti per festeggiare questo lieto giorno, per chiudere con sei minuti di fuochi d’artificio nella notte.
Il sindaco di Cinisi, però, non ci sta: “Oggi, Di Maggio è innocuo, ma questa è una vicenda che mi dà fastidio. Interverrò per prendere i dovuti provvedimenti”. Scoraggiato, invece, appare il fratello di Peppino, Giovanni Impastato, che afferma: “Al funerale di mia madre, il paese non c’era. Di Maggio poteva festeggiare in maniera più sobria”. E il diretto interessato: “La mafia non esiste“, si è limitato a dire Di Maggio, con buona pace per Peppino Impastato e per la sua morte.