Eritreo 22enne sbarca a Ragusa, ma muore per malnutrizione

Dopo una prigionia di 19 mesi in Libia, un giovane eritreo cerca di mettere in salvo la propria vita attraversando il mare, ma la fame lo ha ucciso. Il Sindaco di Pozzallo: "La situazione peggiora e ci vuole una strategia europea".

Eritreo 22enne sbarca a Ragusa, ma muore per malnutrizione

Malnutrizione e problemi respiratori hanno causato la morte a un eritreo di 22 anni è giunto da poco a Pozzallo (Ragusa). A recuperare il giovane che, insieme ad altre 90 persone, cercava un paese in cui costruire il suo futuro è stata la nave dell’ong spagnola ProActiva Open Arms, domenica scorsa. Trasferito immediatamente nell’ospedale di Modica le condizioni del 22enne sono peggiorate nel giro di poche ore.

Il giovane, da quanto ha riferito Oscar Camps, il fondatore di ProActiva, l’ong che aveva cercato di salvarlo, si chiamava Segen. Prima di partire verso la Sicilia, pare che il giovane sia stato imprigionato per 19 mesi in Libia. Su twitter, Campus, ha reso noto uno dei motivi della morte del giovane: “Oggi è morto per una grave malnutrizione”. Nonostante la fame e la tubercolosi, Segen aveva attraversato il deserto e imboccato la via del mare contando di farcela.

Nonostante la sua forza di volontà, nonostante i suoi 22 anni, Segen non ce l’ha fatta. E’ arrivato in Italia, ma è subito crollato. Il personale medico ha fatto di tutto per salvarlo, tutto invano; nella cartella clinica è scritto che è morto per “cachessia”. Sul corpo del giovane, se la procura lo vedrà opportuno, probabilmente verrà eseguita l’autopsia.

Il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, durante il programma in onda su Radio24, Effetto giorno, ha usato parole dure: “Quello che mi impressiona è che sembra di tornare a 70 anni fa, quando abbiamo visto quelle drammatiche scene di un campo di concentramento e quegli esseri umani, gli ebrei, ridotti pelle e ossa”. Ammatuna ha potuto vedere da vicino il giovane eritreo essendo primario del pronto soccorso dove Segen era stato ricoverato. Il Sindaco e primario non ha esitato ad affermare: “La situazione peggiora e ci vuole una strategia europea”. Quindi ha ribadito l’impegno della città all’accoglienza come segno di civiltà.

Probabilmente Segen, dopo 19 mesi di prigionia in Libia, la fatica del deserto, l’attraversata del mare, pensava che presto si sarebbe potuto fermare e trovare le cure per riprendere a vivere come prima e meglio di prima, ma non ce l’ha fatta.

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